Capo Nord, il freddo che scalda

Sono seduto al tavolo dell’Hotelli (non è un refuso) Inari, a Inari in Finlandia. Alla mia sinistra c’è una finestra che dà sul lago. Mentre sorseggio una birra sento un rumore, lì fuori. È un idrovolante che ormeggia con la stessa facilità con la quale ho parcheggiato la mia moto, venti metri più in là. Due tipi scendono al volo e me li ritrovo poco dopo nel tavolo accanto.
È tutto così incredibile a queste latitudini o sono io che mi sono incastrato in un’allucinazione da “mal di Nord”? Non è facile trovare una risposta se sei reduce da due giorni in cui non sei arrivato, ma sei allunato in un posto incredibile.
Provengo da Capo Nord (Nordkapp) è ho addosso le sensazioni di un motociclista che ha imparato che nulla è compiuto sin quando non si tira giù il cavalletto. Ma il bello sta in questo tremendo contrasto tra ciò che passa davanti e ai lati del tuo casco, mentre corri sul nastro di strada che cambia colore a seconda del cielo (quasi che fosse specchio), e ciò che prende forma quando ti fermi e rimetti le gambe al posto delle ruote. Capo Nord e il suo fascino estremo sono anche (e molto) la strada da percorrere, le intemperie da superare, la forza da trovare per galleggiare sul vento freddo e sull’asfalto che qui consuma pneumatici come se fossero burro in padella. I centomila metri che precedono la selvaggia rupe sul Mar Glaciale Artico – sempre dritto in fondo, dopo duemila e passa chilometri, c’è il Polo Nord – vanno vissuti come parte integrante della spedizione/missione. Per la maggior parte lunari, veloci e gelidi come il vento che solitamente ti soffia contro, quasi a gettarti un guanto di sfida (e i guanti qui si raccolgono sempre se non altro per motivi climatici). Poi, arrivati al mare, si imbocca il tunnel sottomarino per l’isola di Majeroia e il paesaggio si trasforma. Ci sono spiagge deserte e pietre levigate, rivoli di acqua che solcano la strada e rocce stratificate che sembrano volerti spingere via a ogni curva, c’è un surreale clima balneare senza bagnanti, di grigio multicolore, c’è il Nord che ti aspettavi e che un po’ temevi, con la fascinazione che ne consegue.
Arrivati alla rupe, tutto cambia.
Le foto, l’emozione di essere nel luogo più a nord del tuo continente – tu che vieni dall’estremo sud – lo sguardo fisso al Mar Glaciale Artico che sta centinaia di metri più giù. È un freddo che scalda, una risposta che non vuole domande. È bello per chi ama l’avventura, meraviglioso per chi ama essere cambiato dall’avventura. A dispetto del fatto che sei approdato a una metà turistica che nella sua brevissima estate fa centinaia di migliaia di visitatori, che la differenza la fa come e da dove sei arrivato, che i pochi alberghi nelle vicinanze in un raggio di 30 chilometri hanno la peggiore delle colazioni della Scandinavia (e qui la colazione conta più di una cena).
Ecco perché ora, 370 chilometri più a sud, in questo hotel finlandese sul lago con l’idrovolante parcheggiato alla mia sinistra scelgo di non dare risposta alla domanda: è tutto così incredibile o è un’allucinazione da “mal di Nord”?
Domani si riparte, è questo l’importante.

5-continua

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Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

2 commenti su “Capo Nord, il freddo che scalda”

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