Se ti accorgi che stai scrivendo più di morti che di vivi ci sono due cose da fare. Congratularti con te stesso perché ancora sei di questa terra e brindare alla salute di quelli di cui ancora non hai scritto. Ecco, questa è una tipica frase che avrebbe scritto Maurilio Prestia che tutti celebrano oggi come organizzatore di concerti, ma che io ricorderò sempre come giornalista, come critico musicale.
Negli anni Ottanta eravamo giovani e ci muovevamo sulla scia dei critici di maggiore esperienza, Gigi Razete, Fabio Caronna, il fiammeggiante Pippo Ardini. Io e Maurilio scherzavamo sempre sul fatto che non ci incontravamo mai di giorno, del resto era la notte il nostro orticello. Erano tempi di musica a go-go, soprattutto per il jazz e il rock. In certe sere recensivamo anche due concerti in contemporanea – lui per il L’Ora, io per il Giornale di Sicilia – organizzandoci per tempo: ne seguivamo uno l’uno e a notte fonda davanti a birra e sigarette ci scambiavamo gli appunti. Un paio di volte facemmo un gioco ancora più perverso: siccome i concerti erano in location abbastanza vicine tra loro, ne seguimmo un tempo l’uno per poi scambiarci il posto durante l’intervallo.
Era uno spasso Maurilio. Era uno spasso lavorare con lui, che in realtà doveva essere un mio concorrente, ed era uno spasso lavorare a quei tempi con interlocutori come Arturo Grassi e Totò Rizzo, i due pazzi che credettero in uno come me, capellone, vestito di mille colori, chitarrista fallito e fissato col giornalismo.
Me la ricordo, la prima sera in cui mi mandarono a seguire un concerto. Era al Brass e c’era Maurilio, che non scriveva ma ascoltava. Io partorii trenta righe lunghe una notte, l’indomani mattina consegnai il pezzo a Totò che, perfidamente non mi disse nulla. Anzi mi disse: “Aspettiamo Arturo”. Passeggiai sotto la sede del giornale per quattro-cinque ore. Poi tornai alla carica.
“Bravo, 7 e mezzo”, mi disse Totò. Ma non pubblicarono il pezzo: in realtà si trattava di una prova e quel concerto l’aveva seguito l’allora titolare, Fabio Caronna (che io non avevo mai visto, quella sera, perché troppo preso da vergare appunti su appunti, manco avessi dovuto scrivere la biografia di Miles Davis).
Fui felice lo stesso. Quella sera me ne uscii galleggiando sulla mia nuvoletta di orgoglio: presto sarei stato un critico musicale vero! Avrei firmato sul Giornale di Sicilia! E mi avrebbero persino pagato (pochissimo, ma chi se ne fregava…)!
Alla prima cabina telefonica chiamai Maurilio e ce ne andammo a Mondello a cazzeggiare e a parlare di musica. E a impastare birra e sigarette con l’incoscienza felice di chi ha appena addentato i vent’anni.
Quanta musica c’era. E che silenzio che c’è oggi.
Buona musica, Maurilio caro.