A casa mia si sviluppano due linee di pensiero: quella della terra e quella dell’acqua. Io corro, mia moglie nuota. Io macino chilometri nella speranza di smaltire qualche chilo dovuto ad aperitivi e gioie della tavola, lei divora vasche con una silhouette che farebbe invidia a una modella. Ma la passione per lo sport, che entrambi abbiamo coltivato da sempre anche quando eravamo due puntini distanti in attesa che il tratto di penna del Maestro Destino ci unisse, detta una sua graduatoria dei diritti che non è uguale per entrambi. Insomma, casa mia è un buco nero della democrazia dei trotterellisti da mezza maratona, un odioso esempio di discriminazione dell’affanno compulsivo. Roba da sessione straordinaria del Tribunale dei diritti dell’uomo (preferibilmente in scarpe da tennis).
Se lei va a nuotare, va a nuotare e basta.
Se io vado a correre, c’è ontologicamente qualcosa di più importante da fare prima. Sempre. Mica esiste solo la corsa e basta.
E poi il nuoto ha vantaggi tipicamente femminili. Non si suda, torni a casa bello lindo e profumato (al limite hai un alone di vetiver al cloro intorno al collo) e quando entri nessuno ti intima: pulisciti le scarpe.
Io quando torno dai miei 12 chilometri d’ordinanza generalmente puzzo come un cane randagio alimentato a scarti di panelleria, ho l’alito sudato e, d’inverno, le scarpe con una doppia suola marrone: che sia terra o merda è la sorte (e la buona coscienza della Rap) a deciderlo.
Questa giustizia a due binari non prevede eccezioni. Se lei ha una competizione – e dare del competitivo a mia moglie è un atto di giustizia sociale, per difendere il resto del mondo dal suo intransigente agonismo: della serie, siete avvertiti – c’è una competizione. Stop. Bisogna discuterne. Programmare. Analizzare e pianificare, notte e giorno. Il che è anche divertente, perché per fortuna nella sportività è prevista una generosa quota di autoironia.
Se io ho un impegno sportivo, va preso con relax. E dai che si deve vivere. Respirare. Rilassati che ti fa bene. Ce la farai, amore, tranquillo, ma ora andiamo a fare la spesa che è tardi. Piuttosto: ti sei pulito le scarpe prima di entrare?
Meno male che non ti costringe a danzare sulle pattine.