La sveltina su Facebook

falegname

L’Italia sarebbe un Paese migliore se ognuno facesse SOLO quello che sa fare. E null’altro.

Ho scritto questa frase sui social e qui voglio spiegare meglio, avendo qualche riga in più a disposizione.
Per convergenza astrale, in seguito alle rivoluzioni economiche e alle conseguenti evoluzioni del mercato del lavoro, abbiamo tutti imparato a lavorare in modo diverso. Nel mio piccolo mi ero portato avanti e avevo cambiato regime, non senza correre rischi, qualche anno prima dei capovolgimenti della New Economy, ma questo non è importante. Importante è invece l’effetto che la crisi ha avuto su una fetta del mondo produttivo. Improvvisazione, mancanza di concentrazione, dilettantismo dilagante: molti si sono reinventati qualcun altro o qualcos’altro senza pensare che era il proprio talento quello che dovevano mettere a buon frutto. Non dovevano far altro che assecondare un’inclinazione. E invece hanno assecondato l’onanismo da tastiera. Il web infatti, a parte i grandi meriti di cui sappiamo, è stato anche un catalizzatore organico di cazzate.
Pensiero diffuso: siccome su internet io posso avere la stessa visibilità di Barak Obama (digito ergo sum) perché non devo parlare come Barak Obama? Da lì, il baratro.
Oggi abbondiamo di opinionisti – anche tra chi fino a qualche anno fa non distingueva un’opinione da un sacco di ceci, con immenso rispetto per i ceci – ma stentiamo a trovare infermieri specializzati. Oggi siamo tutti pronti a inventarci giornalisti, con lo smartphone sguainato a mo’ di spada (un tempo era la penna…), ma anneghiamo nel mare del sentito dire, delle notizie a cazzo di cane. Ricordatevelo: la disinformazione, nella nostra epoca, non è più opera di una Spectre dei governi che tacciono e/o tramano, ma il frutto dell’ignoranza presuntuosa che ci obbliga a sembrare tutti uguali. Noi non sappiamo perché non sappiamo più a chi chiedere di raccontare, perché crediamo al primo che strilla. Perché vogliamo gratis qualcosa che gratis non può essere. L’informazione costa, la qualità costa, solo l’improvvisazione è gratuita. E con quella, al massimo, ci si imbastisce una sveltina su FB.
Ecco, se vi va applicate questo ragionamento all’ambito che più vi sta a cuore, io ho fatto quest’esempio perché il mio mestiere è scrivere e questo so fare. Riesco solo a trarre un concetto universale da queste quattro parole incatenate. La ricchezza di una società sta nell’incrocio tra le sue professioni, le sue culture: una società fatta da orecchianti sarà sempre un’orchestra stonata. Che finge di suonare e invece inganna l’auditorium della Storia.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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