Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
La storia può essere raccontata così: un imprenditore denuncia la corruzione, rinuncia a una via illegale per un rinnovo di contratto e purtroppo vede andare in fumo quel contratto. Oppure così: un imprenditore fa il suo dovere di onesto cittadino, denuncia il corrotto e subisce le regole che riguardano tutti gli onesti cittadini. La vicenda del pasticciere Santi Palazzolo, che rischia di perdere lo stand all’aeroporto Falcone e Borsellino (…), si presta senza dubbio a una doppia lettura, ma ci fornisce lo spunto per una campagna di liberazione dalla retorica di una pseudo-cultura premiale cieca e socialmente ingiusta. Il ricorso alla corsia preferenziale per chi, coraggiosamente, si oppone al ricatto pone il problema di un corto-circuito logico che nel caso di Palazzolo può essere riassunto in una domanda: il vantaggio che si sarebbe potuto ottenere pagando una tangente, cioè compiendo un reato, dovrebbe essere comunque garantito gratuitamente a chi accetta di collaborare con le forze dell’ordine? Se sì, ci si porrebbe in una situazione in cui le regole risentirebbero pesantemente del contesto e in cui non sarebbe più la legge a guidare un appalto, ma il sentimento. Se no, si alimenterebbe il sempreverde sospetto che pagare la mazzetta sia più conveniente che mandare in galera il mazzettaro. Si potrebbe però scorgere una terza via: diamo a Palazzolo quel che è di Palazzolo, celebriamo il suo senso della giustizia nelle sedi istituzionali, ma salviamolo dalle sirene di una corrente di pensiero endemica: lo scorciatoismo.