Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Il flop è flop, ma se è annunciato diventa disastro. E dopo un disastro, ci sono tre fattori da considerare: lo scenario, le vittime, i colpevoli.
La figuraccia dell’assessorato regionale alla Formazione, che ha deciso di assegnare via web duemila tirocini ai giovani senza riuscire a metter su un portale in grado di reggere la prova, è in qualche modo inquadrabile in una categoria di disastri: quella di un sistema pubblico inadeguato e incompetente.
Lo scenario è quello di un’amministrazione che fa i conti senza l’oste, avara di lungimiranze e inguaribilmente prodiga di promesse. Se ci si imbarca in un progetto da terzo millennio – anche se l’ambito informatico della Regione rievoca più il crudele HAL 9000 di “2001 Odissea nello spazio” che la moderna onnipotenza dei computer de “Il quinto potere” – bisogna innanzitutto viverci nel terzo millennio. Spostare, o pretendere di farlo, sul web migliaia di progetti e destini umani presuppone una minima cura per le cose. Si sapeva da mesi che, a giochi aperti, il portale pianogiovanisicilia.it sarebbe stato preso d’assalto. Italia Lavoro, che doveva occuparsi di tutta la baracca, non è stata in grado di gestire il sovraccarico: che, di questi tempi, è operazione che sa fare persino uno smanettone domestico. Quando un sito del genere va in tilt i casi sono due: o non si è riusciti a prevenire i sabotaggi, o si è dormito per mesi.
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Le vittime sono tutti i giovani che cercano e non trovano, un po’ perché materialmente hanno poco da scovare, un po’ perché spesso cercano male. Il web è molto, ma non è tutto. Le capacità di attenzione e di discernimento non devono scemare solo perché un documento lo si consulta da casa anziché nella confusione dell’ufficio preposto. Ad esempio, molti di quelli che sono rimasti fuori non sapevano che per la selezione era necessario il cosiddetto “patto di servizio” che si deve ritirare presso il Centro per l’impiego: eppure nel bando c’era scritto chiaramente. E a chi si chiede, oggi più beffardo che mai, se il web sostituirà il vecchio ufficio di collocamento, la vicenda trasmette una morale disarmante: dietro un pc o uno sportello, una coda da fare ci sarà sempre.
I colpevoli sono tutti quelli che vomitano progetti senza né capo né coda, da uno scranno di Sala d’Ercole come da una poltrona pubblica, senza sapere che non a caso occupazione fa rima con innovazione. Un fiasco del genere, e pure ripetuto, dà fiato a chi ritiene che quella del web sia solo una bolla, che il sentire analogico alla fine prevarrà sul vivere digitale. Quindi un flop in un settore così strategico, l’occupazione, in un momento così drammatico di crisi, è una mazzata al progresso.
Persino dal Movimento 5 Stelle sono giunte critiche al metodo definito “aberrante”, che privilegia “solo i più fortunati e i più veloci” sorvolando sul fatto che qualunque consultazione, convocazione, qualunque operazione di reclutamento di massa non può nascere vivere e compiersi solo nella Rete, perché qualunque rete ha i suoi buchi, e più una rete è impalpabile più pericolosi sono i suoi buchi.
In Sicilia non siamo pronti per una rivoluzione digitale: e non è un problema di cultura, ma di responsabilità. Se invitate gli amici a casa per fare la pizza e il forno si guasta, come minimo vi tocca andare a prenderla al panificio sotto casa e, naturalmente, pagare per tutti.
Se l’assessorato regionale alla Formazione decide di dare lavoro tramite web e il portale si blocca, come minimo vi tocca prendervela in quel posto perché, naturalmente, nessuno pagherà.
Si è oramai al fallimento. Prima che sia troppo tardi, si promuova
il commissariamento(che può chiedere lo stesso Crocetta).
Si riparti da zero con una nuova classe dirigente, un nuovo percorso
politico.
Che Dio salvi la Sicilia!