Mi è capitato di tornare in Normandia per la terza volta in meno di un anno. Mi è capitato di apprezzare ancora una volta la magia dei luoghi e l’incanto di un’armonia di popolo che dalle mie parti non esiste. Mi è capitato anche di non muovermi solo come turista, poiché ho avuto a che fare, per qualche giorno, con un ospedale e con l’assistenza medica francese. E lì ho capito che la distanza tra la Normandia e la mia terra non si misura in chilometri, ma in anni luce.
A parte la pulizia delle corsie, la competenza del personale paramedico, il rigore professionale dei medici, mi ha colpito la precisione del rapporto col paziente: il malato va trattato con il massimo rispetto, dal cibo al sorriso dell’infermiere, dalla minuziosa serie di informazioni che riguardano la cura all’attenzione dell’impiegata che si occupa delle questioni amministrative. Nulla è mai affidato al caso, nulla sfugge al rigorosissimo controllo di qualità. Fuori dall’ospedale c’è persino una grande vasca per il riciclaggio dell’acqua piovana e tutto intorno aiuole e un parcheggio che sembra quello di un grande albergo.
È proprio vero, il sistema sanitario di un Paese è uno degli indicatori di civiltà. Non l’unico, naturalmente. Un altro è il rispetto dei luoghi pubblici: in Normandia ho visto un barbone far cadere una cicca di sigaretta sul marciapiede, pestarla e poi raccoglierla per gettarla nel cestino dei rifiuti.
Come ha scritto il mio amico Ciccio su Twitter: i francesi non sono stronzi, sono superiori.
Se invece capitate all’ufficio ticket del Cervello, resterete stupiti dal fatto che bisogna fare una coda per registrare la prestazione che si intende effettuare, un’altra coda per pagare il ticket (allo sportello non accettano pagamento con carte, quindi se siete senza contanti dovete prelevare al bancomat nell’atrio, giusto per fare guadagnare un paio di commissioni alla BNL), e se nel frattempo vi viene fame potete rifocillarvi comprando un cornetto o una pizzetta dal tale che, sempre nell’atrio, conserva la sua mercanzia in enormi scatole di plastica per fortuna con coperchio (per tacere poi di quella specie di edicola che ha di fianco…). Poi, quando sarete tornati al reparto, la segretaria vi registrerà nuovamente sul suo terminale e, forse, entro un’ora verrà il vostro turno. In Francia come funziona il discorso dei ticket, gentile Gery?
@Micheluzzo. L’edicolante solo da qualche anno ha una sua postazione fissa. Prima “conzava e sconzava” l’edicola tutte le mattine nell’androne dell’edificio B. I banconi per sistemare i giornali ? Sportelli di vecchi armadi metallici in disuso. E poi la questione del bar. Quello che c’era è chiuso da oltre un anno per irregolarità edilizie (pare). E così, in un ospedale che non ha nessun esercizio commerciale nelle vicinanze, il problema lo risolvono gli ambulanti: furgone all’ingresso nuovo + lapino con panellaro a quello vecchio + altro panellaro vicino al bar chiuso + venditore di panini imbottiti (sai che igiene…) vicino la Chiesa + ristoratore ambulante accanto all’Ufficio Ticket. E questa è solo una parte dello sfacelo del Cervello.
Semplicemente vergognoso! Ah, e dimenticavo i posteggiatori con la sedia…
Ma il peggio è che coloro che fanno queste cose, andando al “nord”, dicono che lì funziona tutto benissimo… ma come mai? E’ vero, dipende dall’organizzazione, ma noi ci mettiamo senz’altro del nostro!