Qualche giorno fa parlavo di religione con degli amici cattolici praticanti. Io sono un orecchiante della fede, nel senso che per credere in Dio devo costruirmi dei modelli semplici e non mi bastano i riti per tenere a bada la curiosità.
I miei amici sono stati molto pazienti ad ascoltare le mie perplessità e mi hanno anche spiegato molte cose che non sapevo sui vangeli, sulla bibbia e su alcuni tecnicismi delle sacre letture. Non finirò mai di ringraziarli per il garbo con cui mi hanno sopportato.
Ieri mi sono imbattuto in questo brano tratto da “Madame Bovary” e ho pensato che Gustave Flaubert è un ottimo spunto per la prossima discussione su Dio e dintorni.
“Io ho una religione” rispose il farmacista. “La mia religione, anzi ne ho più di loro, e senza tante commedie e tanta ciarlataneria! Io adoro Dio, invece! Credo in un Essere Supremo, in un Creatore, quale che sia, non ha importanza, il quale ci ha messi quaggiù per adempiere i nostri doveri di cittadini e di padri di famiglia; ma non ho bisogno di andare in una chiesa a baciare piatti d’argento e a ingrassare di tasca mia un branco di buffoni che mangiano meglio di me. Lo si può onorare benissimo in un bosco, in un campo, o addirittura contemplando la volta celeste come gli antichi. Il mio Dio è lo stesso di Socrate, di Franklin, di Voltaire e di Béranger. Sono d’accordo con la Professione di fede del vicario savoiardo e i principi immortali dell’89! Così io non ammetto un Dio alla buona, che passeggia in giardino con il bastone in mano, alloggia i suoi amici nel ventre delle balene, muore lanciando un grido e risuscita dopo tre giorni: cose assurde in se stesse e d’altra parte in contrasto con tutte le leggi della fisica; e questo dimostra, per inciso, che i preti si sono sempre crogiolati in una torpida ignoranza nella quale tentano di far sprofondare insieme con loro tutti i popoli.”
Flaubert coglie in pieno la questione etica e morale di tutte le religioni.
Si ammazza troppo “in nome di ” per avere spirito religioso ed credere veramente in un Essere Supremo.
Le religioni sono troppo “umane” per avere a che fare con il “divino”.
Adesso dovresti parlare con chi cattolico non lo è, o non lo è più.
Lo farò con molto piacere.
Ok, aspetto un invito a cena!
Mi sembra che tale argomento non possa essere liquidato con una citazione, per quanto suggestiva possa essere. Merita invece di essere approndito intellettualmente, ma soprattutto verificato esistenzialmente. In altre parole, altro è coglierne aspetti tutto sommato marginali (le colpe della Chiesa, incontestabili, anche adesso), altro è verificare il valore del messaggio che la stessa Chiesa annunzia. Onorare Dio in un bosco e in un campo non è la stessa cosa che confrontarsi nel concreto con misteri quali la vita e la morte.