Sapevo che avrei fatto il disegnatore di fumetti già da piccolo. Ma il primo devastante colpo ai miei sogni di gloria lo sferrò un bambino più grande di me di un anno. Lui praticamente era un pre-adolescente, io un pre-pre-adolescente. Portava il mio stesso nome ed essendo brutto come la morte, magro, ma di una magrezza malaticcia e con la forfora che lo faceva somigliare a un cucuzzolo innevato, lo odiavo ferocemente. Ma in silenzio. Era manesco, quel sacco d’ossa incatenate e con la cute in perpetua desquamazione!
Gianni (lui) rise, anzi sghignazzò quando gli dissi che volevo fare il fumettista. Il suo teschio sembrava in preda a una crisi epilettica quando rideva e spruzzava saliva da quella voragine che probabilmente era la bocca. “I fumetti non si disegnano, si stampano!”.
Per un paio d’anni rimasi paralizzato di fronte alla consapevolezza crudele alla quale ero stato richiamato da quel dracula in sedicesimo, e cominciai a considerare seriamente l’ipotesi di fare il piccolo travet, come spesso mio padre lasciava intendere, visto che negli studi non ero brillante a causa di quella maledetta mania di scarabocchiare pupetti e soldatini e Capitan Miki e Grande Blek ovunque. Poi le cose andarono come sono andate, per fortuna.
Sapevo che avrei fatto il pittore quando ormai non potevo anagraficamente più dirmi giovanissimo: a quarant’anni suonati. Il colore, passione coltivata a lungo e nell’inconscio più profondo, esplose furiosamente e io non potevo farci niente. Era una vendetta che veniva dall’abisso della mia anima: io da bambino non sapevo colorare. Disegnavo ed ero autisticamente attratto dal segno. Che fosse Bic blu macchiosa o pennino sopraffino, la cosa poco importava. Anzi, era la frugalità dei mezzi che mi rendeva eroico. Un eroe a metà: perché quel mostro teschiuto non riuscii ad assassinarlo mai.
Feci la prima mostra dopo cinque mesi scarsi di pittura furibonda, quando la mia cervicale non si lamentava così tanto. Non c’era posto per le mollezze del corpo stanco. Dovevo dipingere e basta. E dipingevo: pesci rossi volanti a tempera su cartoni telati. Una follia di cui ancora oggi non capisco il senso. Fu la Libreria del Mare, a Palermo, che mi battezzò “pittore”. Provai a togliere le virgolette da “pittore”, subito dopo. Il critico d’arte che vide i miei quadri si soffermò su un giallo che reputava pennellato male. “Perché non continui a disegnare fumetti?”. Avrei potuto rispondere che i fumetti si stampano e i critici vengono uccisi. Tacqui. Sono un pacifista, purtroppo.
Non ho cittadinanza nella veste di pittore a Palermo, per farla breve. Ho esposto in gallerie di Milano, Scicli, Siviglia, Londra. A Palermo solo in luoghi deputati ad altro. Questa volta devo l’ospitalità affettuosa ad una banca: Banca Etica (domani, alle 18). Il titolo della mia piccola personale è “Il Desiderio”. Nell’accezione freudiana: il desiderio che sollecita ogni gesto, la vitalità, l’eros. Stavolta, per favore, niente thanatos.
Caro Gianni,
anche se ogni tanto vengo assalito da pensieri nefasti (sul versante esistenziale, intendo), credo che nella vita ci sia tempo e occasione per far tutto e che si debba lasciarsi avvolgere da un’impudicizia lieve che è quella che ci permette di cimentarci nelle cose più disparate (lancio della pallina da ping pong dentro il chiusino del bidet?) anche sulla soglia degli ottant’anni. L’età, poi, è un alibi stupendo: oggi, a 52 anni quasi 53, mi permetto cose e frasi che vent’anni fa il mio pudore professional/sociale mi inibiva dal fare e dal dire. Chi vuole criticare, critichi pure. Fosse anche persona alla quale voglio assai bene.
Ps: il tuo racconto è bellissimo, mi sembra di rivedere mio figlio che non ha mai disegnato (prima con mio scorno, poi con mio orgoglio) case e alberi e a 4 anni faceva già vignette, fumetti, interi racconti per strip (oggi è a Torino e studia cinema ma so che il suo cuore è sempre sul foglio e la sua mano stringe la prima bic chegli capita a tiro). Non sarò all’inaugurazione della mostra (ho già preso contatti per disincrostarmi dall’abuso redazionale con una giornata di creatività catanese) ma la vedrò, altro che se la vedrò… Ma la location (come dicono quelli che sanno parlare) please…? Un abbraccio.
Non ho mai saputo disegnare, ma conosco bene quella passione che esplode furiosamente. Ed è belo che tu lo dica. La mostra la vedrò anch’io, Gianni. Facci sapere anche orari, luogo e durata.
@Totò e Verbena: grazie di cuore.
LA MOSTRA si inaugura domani, VENERDI’ 15, alle ore 18.30 presso i locali di BANCA ETICA che si trova in via Catania, 24. Sarà preceduta da una chiacchierata, intorno alle 17, su legalità e etica, a cura di Lirio Abate, Giuseppe Cipriani e Tommaso Marino.
CHI DESIDERA partecipare SOLO al vernissage delle 18 e trenta, potrà farlo SERENAMENTE.
La mostra resterà aperta fino al 15 giugno e sarà visitabile tutti i giorni (feriali) con orario 9-13.
Gianni, incontrare il proprio Uriah Heep da sconfiggere non è fortuna che capita a tutti!
Ci vediamo domani
Evviva! Ci sarò.
“…Poi le cose andarono come sono andate, per fortuna”. Non per fortuna, caro Gianni, ma per la passione e l’impegno che mette in quello che fa. E si vede!
Sarò a Catania per lavoro, domani, ma dovrei rientrare per tempo. E comunque la sua mostra non me la perderei per niente al mondo. Abbiamo una trattativa in corso, ricorda?
“Nemo propheta in patria”.
In bocca al lupo per la mostra
“Dovevo dipingere e basta” dà l’idea di quanto possa essere diventato urgente ed imprescindibile dipingere per lei. Che accada a venti o a quaranta non ha alcuna importanza!
p.s.Il mostro teschiuto è morto!
Caro Gianni,
Non potendo venire a Palermo, aspetto la prossima mostra di Milano. Intanto però, dopo aver letto il tuo outing artistico, voglio dirti che ho riguardato il nostro libro e che ne sono fiera. Proprio perché non è solo la storia del giocatore, ma è la storia della tua passione, del tuo stile, della tua etica professionale. Chi riduce questo con un’etichetta non ha capito, gli altri verranno a vedere il tuo lavoro e staranno bene.
Grazie, Gianni
Diciamo che ho le vertigini, ecco.
Silvia cara, habemus avatar!?
E’ un vero miracolo! E’una rosa, ti piace?
E’ un vero miracolo! E’ una rosa, ti piace?
Wow! Silvia, internet è il tuo mestiere. Dopo la cucina, anche il web! Praticamente una donna nuova…
Bella! Ottima scelta, mia cara.
Non mi emozionavo così come mi sono emozionato ieri da un pezzo. E quando mi sono reso conto che le mani erano fredde (gelide, a dire il vero) e sudate (ahimé, che disdetta) in modo irrreversibile (cioé per l’intera durata del vernissage), ho adottato il provvedimento migliore. Ho baciato tutti. Stupendo sicuramente tante persone che mi vedevano per la prima volta. Non nascondo che, fatti salve due o tre milioni di differenze, mi sono sentito come quel noto politico devoto alla Madonna (sic!). E’ stato bello associare volto a nome o nickname. E’ stato bello avvertire sulla pelle la simpatia e l’affetto di persone che frequento solo da qualche mese (e per interposto blog) ma che mi sembrano amici di vecchia data. Grazie!
L’emozione non è ancora smaltita del tutto: quel “ma che mi sembrano amici di vecchia data” che conclude il commento precedente, galleggia sperduto e incerto: alla ricerca di un soggetto, di un appiglio grammaticale minimo.