Una volta si chiamavano ebrei

È apparsa da qualche anno sui vocabolari una brutta parola: “tempistica”. I manager la usano in senso positivo: chi rispetta una tempistica prestabilita vince l’eterna lotta fra produttività e lancette dell’orologio. I poliziotti, invece, ne fanno largo uso per descrivere la concatenazione di atti criminosi in un arco temporale delimitato, che si conclude con il reato “principe”. In entrambi i casi, l’analisi della tempistica che regola o ha regolato un determinato evento permette anche di formarsi un giudizio sullo stato d’animo, l’intelligenza, l’efficienza, la chiarezza di idee e la competenza dei soggetti che lo hanno posto in essere. La tempistica esula persino dal tempo, volendo: è anche successione di luoghi, di scenari, elementi costitutivi del corso dell’azione e del pensiero che la sorregge. È logica.
Provo anch’io – malissimo, ne sono cosciente – il mio calcolo della tempistica, prendendo spunto da una notizia apparsa ieri sull’edizione online del Corriere della Sera. Siamo a Torino. C’è il festeggiamento per il primo maggio 2008 a piazza San Carlo. Tra qualche giorno si aprirà la Fiera del libro, sempre edizione 2008. Quest’anno la fiera ha scelto – non ora, mesi fa – Israele come paese ospite (o meglio: ha scelto di ospitare gli scrittori israeliani). Al corteo del primo maggio ci sono alcuni giovani dei centri sociali e – riporta il Corriere – dell’associazione Free Palestine. I ragazzi bruciano due bandiere: una americana, l’altra israeliana. Le ragioni sono quelle di cui abbiamo già discusso qui in casa Palazzotto. Siccome i militari israeliani bombardano la Palestina, ne consegue che Torino non deve ospitare gli scrittori d’Israele. Ne consegue? Un attimo: ma la tempistica dell’evento? Ripetiamo: primo maggio, festa dei lavoratori. Diritti, rispetto dei. Corteo. Fiera del libro tra poco. Torino. Israele. Bombardamenti in Palestina. Aguzzini israeliani. Scrittori israeliani. Libri. Bombe. Proiettili. Parole. Bandiere bruciate. Diritti dei lavoratori. Oh, cavolo…
Un minuto. Ripetiamo. Dunque: logica, tempistica. Primo maggio. Diritti dei lavoratori. Libertà. Romanzi. Parole. Scrittori. Libertà, ancora. Espressione. No. Militari scrittori. No. Scrittori militari. No, scrittori aguzzini. No, scrittori sono i palestinesi. Gli israeliani sono militari. No, ci sono scrittori israeliani. Militari romanzieri. Bombardamento sulla Palestina. Di libri. No, di bombe. Vabbè, fa lo stesso. Centri sociali torinesi. Bruciamo le bandiere. Fiera del libro di Torino arsenale dei libri – ooops – delle bombe degli scrittori israeliani. Militari. Aguzzini. Israeliani. Ma non erano anche ebrei? No, ormai sono israeliani. Sì, ma sempre ebrei. Boh, che ne so, fa lo stesso. Anzi no. Gli israeliani sono cattivi, gli ebrei erano buoni. Cioè, praticamente è così. Che facciamo? Abbasso Bertinotti. Anche. Bruciamo ‘ste due bandiere, va’. Prima quella americana o quella ebr… israeliana? Boh, che ne so. È uguale. No alle morti sul lavoro! Abbasso Israele. Abbasso la Palestina! Cretino, la Palestina sono i buoni! Vero-vero-vero… Scusa, compa’.
Prendi lo zippo, cioè. Che giorno è? Il primo maggio. La festa dei lavoratori? No, l’ante ante vigilia della fiera del libro. E pure la festa dei lavoratori. Abbasso gli Stati Uniti!
Inutile. Non ci riesco. Non capisco. E quasi mi importa poco di capire. La tempistica va a farsi fottere. La logica peggio.
Non mi resta che leggere un libro di qualche israeliano, che una volta era da tutti conosciuto come ebreo.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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