Gianfranco Fini ha stabilito la sua classifica: è più grave incendiare bandiere di Israele davanti alla Fiera di libro di Torino che massacrare un giovane a Verona perché non vuole sganciare una sigaretta. Le priorità dell’onorevole Fini, e del governo in cui si è incarnito, sembrano chiare: tolleranza zero contro certo dissenso “politico” (sui cui limiti si è espresso mirabilmente, ieri, Giacomo Cacciatore), sculacciate ai naziskin che seminano sangue per le strade. Il dilemma è: la pena della tirata d’orecchi sarà la pena prevista per i mafiosi oppure per i corrotti, dato che si tratta di due tipologie ben distinte di criminali?
Non voglio pensare che sulla trovata di Fini abbia pesato l’ideologia (ultrasinistra in campo nei fatti di Torino, destra nazista nelle vene degli sciagurati assassini di Verona), ma ciò che mi turba è che tutto il centrodestra abbia fatto quadrato attorno al leader di Alleanza nazionale, nel segno di una volgare blindatura di coalizione. Le scemenze non hanno partito e dovrebbero essere arginate prima di tutto dagli stessi compagni (o camerati) d’avventura del propalatore. Sarebbe un gesto non bello, ma umano, e contribuirebbe a dare alla politica italiana la dimensione che le manca: quella della realtà. Se io sparo una cazzata in pubblico, spero che siano i miei amici a correggermi ancor prima che lo faccia qualcuno del pubblico. E io non ho uno stipendio da parlamentare, non rappresento niente e nessuno neanche nel mio condominio e non sturo il mio esofago blaterando a Porta a Porta.
Fini invece stila la sua classifica. Ovviamente dando i numeri.