Le correzioni

La prima pagina de “la Sicilia” di oggi ci racconta chi erano e a cosa servivano i correttori di bozze quando esistevano.

“Mandaci una cartolina”

ironia

di Cinzia Zerbini

Tutti siamo convinti che certe cose accadano solo nel luogo in cui viviamo. Abitudini, manie, vizi, colpi di genio contribuiscono a farci sembrare unica la nostra terra. Magari non è così, però sfido chiunque a trovare fuori dalla Sicilia un necrologio che annunci la morte di un uomo e che si concluda con: “Mannaci ‘na cattulina” (mandaci una cartolina). L’ha scritto Carmen Consoli ed è stato pubblicato su La Sicilia di Catania, qualche giorno fa.
Giuseppe Consoli, deceduto a 72 anni, era suo padre.
Così ho pensato a quanto sia rara la capacità di affrontare con ironia la tragedia della morte.
Ho pensato che se la Consoli non dimentica mai la città dalla quale proviene, lo deve proprio a ciò che le hanno insegnato.
Ho pensato a quei papà che ti insegnano a vivere con il sorriso e che nel momento del dolore ti raccontano l’amore. Per molti di noi, i padri sono speciali perché hanno gli occhi dei principi delle favole e l’armatura dei cavalieri: è forse quest’immagine che ci induce, da grandi, a dir loro le bugie per sembrare migliori.
Infine ho pensato che forse una risata non cura il dolore e che l’ironia è solo un cerotto per le ferite. Però se in una prossima (fantomatica?) riforma della scuola mettessero anche una buona mezz’ora di “apprendimento dei principi di base per l’arte di prendersi in giro” il mondo ne guadagnerebbe.

Giornali, Sicilia, idee

Sta accadendo qualcosa di importante nel mondo dell’informazione siciliana. Il granitico sistema tripolare, ancorato a Giornale di Sicilia, La Sicilia e Gazzetta del Sud, deve fare i conti con gli spifferi di vitalità che provengono da nuove iniziative. E non parlo dell’edizione palermitana de La Repubblica, che in nove anni poco ha inciso sugli equilibri editoriali isolani.
La diffusione dei blog d’autore, quindi di spazi d’opinione di media-alta qualità, ha reso meno efficaci certe cortine fumogene che rallentavano (e a volte impedivano) la circolazione di molte notizie. Esempio: per diffondere un’opinione o per esprimere un parere titolato, prima o si aveva qualche santo in paradiso (leggi: redazione) o si ricorreva a un amico del santo in questione oppure si rimaneva socialmente afoni. Si assisteva, così, a un impoverimento di idee pubbliche poiché le voci “titolate” alle quali era consentito l’accesso alle colonne di un giornale erano poche e, ancor peggio, sempre le stesse. Oggi bastano un paio di blog ben fatti per raggiungere migliaia di persone e soprattutto per dar voce a chi non l’avrebbe mai trovata, pur meritandosela, nel “sistema tripolare”.
Ci sono poi nuovi eventi, inquadrati in una genuina ottica imprenditoriale, che rendono il panorama ancora più interessante. Un giovane gruppo palermitano, in circa due anni, ha messo su tre nuove riviste, ha assunto giovani disoccupati e valorizzato teste pensanti, ha creato un portale di informazione regionale, si è impegnato nella produzione di eventi di alta qualità e, con una buona dose di geniale coraggio, si è buttato nell’informazione cartacea on demand. Cioè nella pubblicazione di un giornale che va in edicola solo quando ci sono grandi notizie. Un bel passo avanti se considerate che qualche decennio fa un giornale siciliano dedicò la sua apertura a tutta pagina all’ennesima crisi dell’ennesimo governo Andreotti titolando: “Nessuna novità di rilievo”. In tempi più recenti, un altro quotidiano di casa nostra aprì col titolo: “E’ scoppiata l’estate”. Ed era giugno.
Oggi, sempre meno lettori hanno voglia di leggere e sempre più lettori hanno voglia di riflettere. Le notizie ci raggiungono ovunque ci troviamo, essere disinformati è un lavoro difficilissimo. Alcuni giornali si riciclano come risolutori di problemi (non so perché, ma mi ricordano il ruolo di Harvey Keitel in Pulp Fiction) ritenendo che i veri cronisti siano i cittadini che protestano per un rubinetto che perde o per un piccione che sfoga il suo attacco di dissenteria sul loro balcone. E’ come credere che il miglior medico sia il malato.
Quel che di buono sta accadendo nell’informazione siciliana è invece che ognuno, in queste nuove realtà, riprende il proprio ruolo e, se ne ha le capacità, ne sperimenta di nuovi. Senza ruffiane mediazioni e altro motivo d’ispirazione che non sia l’appassionante inseguimento di un’idea.