Biglietti a turno, signori

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Avevo già saputo da qualcuno tutta la faccenda, ma non ci volevo credere. Ieri ho visto e toccato con mano. La nuova attività degli abusivi palermitani è fare il turno alle poste. “Fare” non nel senso ampio del termine (leggasi: attendere, mettersi a, procedere nel turno). Ma farlo, crearlo. E cederlo. Mi spiego meglio. Se vi capiterà di andare in un qualsiasi ufficio postale in questi giorni, dopo un blitz contro i posteggiatori abusivi, scoprirete un’anomalia nei numeri del turno elettronico. Preso dal distributore il vostro biglietto che segna, che so, il numero 525, volgendo lo sguardo attorno a voi vi capiterà di constatare il seguente paradosso: solo due, tre, o al massimo una decina di utenti in attesa allo sportello. Un’occhiata al display che regola la coda, e la sorpresa, lo sconcerto, lo smarrimento aumentano: il numero luminoso sarà un 200, 225 al massimo. Ricapitolando: il biglietto che avete in mano dice 525, il display indica 200, ma in sala c’è un numero di persone che non giustifica questo buco nella fila numerica, nemmeno se ci fosse stata una migrazione di massa di utenti verso il bar più vicino. Che è accaduto? E’ entrato Silvan? David Copperfield?
Niente di tutto questo. Uscendo dalle poste, smarriti, noterete di sicuro un omuncolo che vi saluta sommessamente, con un malloppo cartaceo sospetto raccolto in una mano. Guardando meglio, saprete che si tratta di un mucchio di biglietti del turno automatico. Quest’uomo provvede a raccogliergli di buonora, per poi piazzarsi davanti alle poste e distribuirli agli ultimi arrivati. Il numero del turno è a scelta. Un benefattore? No. E’ accertato che, per avere un piazzamento vantaggioso nella fila che non ti sei curato di fare, si va dall’uno ai due euro di obolo. Arrivi bello fresco, compri il numero che ti fa sbrigare prima e sei allo sportello. Ovviamente quelli che come me e voi cercheranno di fare un turno regolare, dovranno sopportare la perdita di tempo dell’impiegato che chiama una quantità imprevedibile di numeri a vuoto, per vedersi poi sopravanzare da un furbo che è giunto all’ultimo momento con la sua monetina da un euro o due. Senza contare che tutti i tempi di previsione per l’attesa ne risultano falsati. Pare che sia una specie di epidemia: nessun ufficio postale esente. Si può anche ridere dell’arte di arrangiarsi. Noi ci riusciamo benissimo. Sempre. Troppo.