Se c’è una serie televisiva che chi vuol scrivere di televisione o per la televisione dovrebbe studiare e magari mandar giù a memoria, quella serie è Lost.
L’ho vista in dvd ultimamente, grazie a Giuseppe Giglio il mio spacciatore di felicità catodica, e sono rimasto estasiato.
Il ritmo e la suspance che legano indissolubilmente lo spettatore alle gesta di John Locke e Jack Shephard sono soltanto due degli elementi degni di nota. Il segreto di Lost sta nella sua scrittura sontuosa, nei suoi dialoghi da alta cinematografia, nella sua fotografia hollywoodiana e nella recitazione perfetta.
Il meccanismo dei vari livelli temporali è talmente perfetto da risultare gradevole persino quando viene esasperato. Ci sono momenti in cui, davanti al teleschermo, viene spontaneo guardare il calendario piuttosto che l’orologio per chiedersi quando siamo.
Solo un genio come J.J.Abrams poteva ideare un sistema di nodi così complesso e al tempo stesso lineare che dà i migliori risultati nella seconda e nella terza serie.
Vorrei raccontarvi di più. Dell’isola, del disastro aereo, del mistero che è l’architrave della narrazione, della simbologia, del gioco di specchi, del presente e del passato che si mescolano, ma è meglio di no dal momento che c’è ancora molta gente che deve gustarsi questo capolavoro.