L’attimino fuggente
di Giacomo Cacciatore
Il premier invoca (anzi, pretende, con i modi morbidi con i quali sa pretendere) la riservatezza sulla sua vita privata. Ringhia al distinguo tra l’uomo e il politico, due identità separate che quei dannati comunisti stanno cucendo insieme – ad arte e a suo danno – come novelli Frankenstein, nel loro laboratorio segreto in via Cristoforo Colombo in Roma: una sentina chiamata “La Repubblica”, calderone di veleni della volontà popolare. Lo conforta la presenza di un Igor venduto alla sua causa, tale Minzolini. Insieme ad altri e più scontati automi: Cicchitto, Ghedini, Capezzone (quest’ultimo frutto di un esperimento di politica “frankensteiniana” a sua volta).
L’uomo è una cosa. Il politico un’altra. Certo. Però io ricordo di aver ricevuto anni fa a casa mia (e di mia madre) un opuscolo intitolato “Una storia italiana”. Vi si raccontava la vita di Silvio Berlusconi, con uno stile a metà strada tra i giornaletti di Dianetics (non so perché, ma pensai immediatamente alla celebre istantanea di Ron Hubbard con il cappello da ammiraglio sul ponte di una nave) e i dépliant delle agenzie immobiliari. Non c’era una pagina, in quel giornalino di propaganda, che non avesse un taglio personale, e dunque potenzialmente privato; non un rigo o una fotografia che non contenesse informazioni sull’uomo, sulla sua famiglia, sulla sua origine e sulla sua ascesa, sui fiori che gli piaceva avere in giardino; tutto in previsione di un culto che sarebbe stato. Lo usai, stupido io, come lettiera per il gatto: la stessa sorte che riservo a “La torre di guardia” e alle pubblicità dei discount. Chi lo avesse conservato, se lo tenga stretto. Potrebbe essere un argomento di conversazione per una cena in piedi. Magari in presenza di qualche fedele del cavaliere, che insista: l’uomo è una cosa, il politico un’altra.