Una Macarena alle spalle

RabaçalCoimbra

A Coimbra sono finito in uno di quei mega hotel “tuttocompreso” dove pascolano migliaia di turisti tra piscina, buffet, giochi aperitivo, macarene che arrivano a tradimento come una coltellata alle spalle, bambini urlanti, genitori depressi, salvagenti a forma di cigno e panze a forma di tamburo.
Ci sta. Dopo giorni di disagio surreale, quindi comunque romanzeschi, il ritorno a un briciolo di normalità ci sta. E la normalità è anche il gioco aperitivo. Il pericolo in questi casi è costituito da uno dei virus più insidiosi del nostro secolo, quello dell’entusiasmo immotivato.
Si tratta di quel sentimento che scocca come la macarena (coltellata): quando meno te lo aspetti. Tipo, uno grida “viva la pastaaa!” e tutti appresso “viva la pastaaa!”. Un altro prega a voce alta (sta accadendo adesso) e molti altri si accodano tipo coro : “We are the world”. E’ un po’ l’aria che si respira in molti luoghi di lavoro dove uno, spesso il meno qualificato, spaccia una cazzata, che gli è venuta così in virtù del suo mestiere di “abbastanza cretino”, per un’idea, e tutti intorno (anche i meno cretini e spesso quelli che non lo sono affatto) applaudono: bravissimo! Non è sindrome di Fantozzi, quella era arte pura. Questa è ordinarietà fatta regola. E l’entusiasmo immotivato è il motore di gran parte della vita sociale che conosciamo. Coi risultati che conosciamo.
Se ci pensate è il segreto glorioso del gioco aperitivo, l’unica attività in cui ci si finge cretini con l’orgoglio di esserlo davvero.

Io la macarena non l’ho ballata, ma ci ho sorriso su (sorriso, non riso). Perché l’entusiasmo immotivato ha una storia che va presa con le pinze, dal momento che non siamo tutti Elkann o De Gregorio: i lumpen hanno diritto al loro spazio vitale, che spesso invade quello degli altri è vero, ma non è usando lo sdegno che ci si differenzia. In molti casi è molto utile osservare, brandire la fantasia, giocare (giocare sempre), galleggiare. Scrutare il Carosello che ti gira intorno e pensare che se non ci fosse, tu non saresti quello che sei: non è questione di sentirsi migliori (mai), ma di rivendicarsi diversi. Perché magari sei uno che il gioco aperitivo l’ha fatto molte volte in gioventù, anche nel ruolo di chi lo governa (!!!). Uno che non disdegna vacanze “normali”, ma che fin quando le forze glielo consentiranno imboccherà un sentiero scosceso. Uno che ci ha provato a imbastire una vita familiare almeno in senso numerico (1+1=?) ma poi ha smesso perché in certi casi la matematica non è solo opinione ma magari è un sentimento.
Insomma oggi volevo parlarvi di tutt’altro, as usual, ma finii per rimestare nei cazzi miei. 
Domani, se sopravvivo al caldo e ai saliscendi, magari mi rifaccio. Ho un pezzo di sapone di Marsiglia di cui vorrei dirvi… 

9 – continua

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A dieci euro di distanza

Tomar – Alvaiàzere
Alvaiàzere – Rabaçal

Scrivo da un paesino di cui non conosco il nome. Mi ci ha portato un tassista pressoché ottantenne, che parla solo portoghese e che sospetto sia anche un po’ sordo. La sordità l’ho presunta dai dialoghi per telefono in viva voce con amici o parenti o colleghi che urlavano per ottenere risposta mentre lui infilava una curva dopo l’altra. Quando mi è venuto a prendere nell’eremo che mi ospita stasera, gli ho spiegato a gesti che volevo mangiare e lui sorridendo ha ingranato la marcia. Sempre sorridendo mi ha depositato in un ristorante a 10 euro di distanza, nel quale sto scrivendo queste note tra i fumi di carne arrostita e quelli dell’alcol dato che il vino locale più leggero ha come gradazione 14,5.

Ieri avevo cenato in un loculo di Alvaiàzere gestito dal tale che era anche il tenutario della stamberga che mi ospitava. Anche lì i fumi della carne mi avevano stordito. Ecco perché avevo deciso la sorte di una delle tre magliette “da sera”, cioè quelle non “da camminata”: avrei dovuto lavarla perché indossandola mi sentivo uno stinco di maiale, ma avevo scelto la soluzione che mi dava più serenità, buttarla. 
La notte era stata complicata dato che il tenutario aveva deciso di far parcheggiare un camion frigo proprio sotto la mia stanza, in corrispondenza di una presa di corrente per alimentare l’impianto di refrigerazione. Risultato: un ronzio vibrante basso implacabile che si attacca direttamente al sistema nervoso, tipo presa usb. Per otto ore consecutive.
Per la prima colazione, il tenutario, che non fornisce questi inutili servizi, mi aveva liquidato nel suo portoghese più svogliato con una frase tipo “cento metri e trovi un bar”. Il bar ovviamente era chiuso e Alvaiàzere non è Londra quindi se trovi un bar chiuso e sei a piedi alle 8 di mattina, e ti aspettano 32 chilometri, e hai dormito col camion come comodino, cominci ad allarmarti. Se il buongiorno si vede dal mattino, che il mattino abbia almeno modo di esserci, e che cazzo!
La fortuna mi è venuta incontro sotto forma di signora a passeggio col cane che vedendomi rincoglionito, smarrito, coi passi stentati, faccia rinsecchita tipo salma di tre giorni, ha deliberatamente scelto di darmi aiuto. Un atto di carità. C’è un altro bar a un chilometro di distanza, mi ha rivelato come un quarto segreto di Fatima (che tra l’altro è qua dietro).

Ora, nel ristorante della località sconosciuta, approfittando della cortina di fumo che si è diradata, perché stanno ricaricando le teglie, mi accorgo che c’è pure una festa di compleanno di qualcuno che fa 49 anni (così testimoniano i palloncini gonfiati a mia insaputa nella nebbia). Bevo un altro bicchiere di questo “tinto” ammazzacristiani e confido nella fortuna (sulla madonna di Fatima meglio di no, che l’ho evitata nel mio Cammino e magari la cosa rappresenta una pregiudiziale): ho concordato col tassista che a una certa ora mi avrebbe dovuto prelevare da questo posto nel nulla per riportarmi al mio posto nel nulla, un mulino riadattato ad abitazione in un non luogo che persino Google Map si rifiuta di indicare. “Concordato” è una mia licenza descrittiva. Io ho mimato “qui”, “dopo”, “alle 9”, “poi dormire”. Lui ha sorriso e se n’è andato. Secondo me crede che gli ho dato la buonanotte.

P.S.
E’ appena arrivato il festeggiato, il neo quarantanovenne, ed è scoppiato un “tanti auguri a te” in portoghese che credo sia meno sbrigativo del nostro. Si capisce che era una sorpresa. Lui si è commosso scoprendo che tutto il ristorante era lì per lui. L’unico estraneo ero io.

P.P.S.
La foto è quella del posto nel nulla nel quale trascorro la notte. Perché anche il nulla ha il suo fascino.

8 – continua

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