Figli di una saponetta minore (di Marsiglia)

Coimbra – Sernadelo

Da Rabaçal il Cammino portoghese risente di una certa urbanizzazione, il che inevitabilmente mette a dura prova la resistenza psicologica forgiata nelle lande deserte. Ma è il prezzo da pagare per arrivare alla Senda Litoral cioè a quei quasi duecento chilometri lungo l’oceano che sono (almeno per me) la grande attrattiva di questo Cammino. A proposito di chilometri, sinora ne ho percorsi 275 quindi sono a oltre un terzo del percorso. Ma sappiamo che la distanza è solo uno dei fattori da considerare, ben più importante è il dislivello, o la temperatura che negli ultimi giorni è un problema: ad esempio stamattina ho deciso di sacrificare un po’ della mia scorta d’acqua per rinfrescare la nuca infuocata e non è decisione da prendere alla leggera quando il sole picchia e non c’è fonte a portata di gambe. Comunque al di là dell’ordinaria amministrazione, come lo è il caldo d’estate per chi, invece di starsene in panciolle su una spiaggia, scarpina per mulattiere che manco i muli cagano di striscio, l’unico problema fisico è al momento quello dello sfregamento degli spallacci dello zaino che mi dà fastidio alle spalle (alla faccia della vaselina). 

Vabbè, sin qui la cronaca.

Andiamo al noto settore cazzi miei che tanto vi entusiasma. Perché, va detto, noi raccontatori e\o giornalisti ci illudiamo di imbastire storie di fantasia, oppure ci illudiamo di catturarvi con le nostre cronache fedeli ai fatti (rigorosamente separati dalle opinioni), ma alla fine quel che fa groove è l’inciampo nel tinello, il capello sul cuscino, la cena sbagliata. Non ci vuole arte divinatoria né grande visione strategica: basta leggere i commenti.
Quindi il sapone di Marsiglia
Con la dotazione di abbigliamento che mi ritrovo, la mia stessa esistenza in vita odorosamente civile e sociale dipende da un pezzo di sapone col quale ogni giorno lavo le mie cose. Ogni santo giorno, che sia stanco o sfinito, la prima cosa che faccio appena conquistata la sicurezza della tappa (cioè una stanza da letto con bagno annesso, anzi viceversa) è fare il bucato. Calzini, maglietta, mutande, bandana. Se tempo e spazio lo consentono, i pantaloncini (che sono pesanti e seccanti da trattare). 
E qui scatta il piano strategico.
Siccome il vero problema è l’asciugatura devo identificare un ambiente idoneo per raggiungere il miglior risultato nel minor tempo. Minchia, avete mai considerato che un paio di calzini da running asciuga più difficilmente di una maglietta? E che la strizzatura è una disciplina tra lo yoga e l’origami? 
Quindi cerco di creare il microclima ideale isolando la biancheria in bagno in modo che l’aria condizionata della quale mi drogo non infici la stagionatura degli indumenti (perché già dopo una settimana le magliette non si asciugano, stagionano tipo forma di Grana). Risultato 40 gradi in bagno, 20 in stanza da letto, roba che i meteorologi potrebbero studiare per capire gli squilibri ambientali in Italia e nel mondo. 

10 – continua

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Una Macarena alle spalle

RabaçalCoimbra

A Coimbra sono finito in uno di quei mega hotel “tuttocompreso” dove pascolano migliaia di turisti tra piscina, buffet, giochi aperitivo, macarene che arrivano a tradimento come una coltellata alle spalle, bambini urlanti, genitori depressi, salvagenti a forma di cigno e panze a forma di tamburo.
Ci sta. Dopo giorni di disagio surreale, quindi comunque romanzeschi, il ritorno a un briciolo di normalità ci sta. E la normalità è anche il gioco aperitivo. Il pericolo in questi casi è costituito da uno dei virus più insidiosi del nostro secolo, quello dell’entusiasmo immotivato.
Si tratta di quel sentimento che scocca come la macarena (coltellata): quando meno te lo aspetti. Tipo, uno grida “viva la pastaaa!” e tutti appresso “viva la pastaaa!”. Un altro prega a voce alta (sta accadendo adesso) e molti altri si accodano tipo coro : “We are the world”. E’ un po’ l’aria che si respira in molti luoghi di lavoro dove uno, spesso il meno qualificato, spaccia una cazzata, che gli è venuta così in virtù del suo mestiere di “abbastanza cretino”, per un’idea, e tutti intorno (anche i meno cretini e spesso quelli che non lo sono affatto) applaudono: bravissimo! Non è sindrome di Fantozzi, quella era arte pura. Questa è ordinarietà fatta regola. E l’entusiasmo immotivato è il motore di gran parte della vita sociale che conosciamo. Coi risultati che conosciamo.
Se ci pensate è il segreto glorioso del gioco aperitivo, l’unica attività in cui ci si finge cretini con l’orgoglio di esserlo davvero.

Io la macarena non l’ho ballata, ma ci ho sorriso su (sorriso, non riso). Perché l’entusiasmo immotivato ha una storia che va presa con le pinze, dal momento che non siamo tutti Elkann o De Gregorio: i lumpen hanno diritto al loro spazio vitale, che spesso invade quello degli altri è vero, ma non è usando lo sdegno che ci si differenzia. In molti casi è molto utile osservare, brandire la fantasia, giocare (giocare sempre), galleggiare. Scrutare il Carosello che ti gira intorno e pensare che se non ci fosse, tu non saresti quello che sei: non è questione di sentirsi migliori (mai), ma di rivendicarsi diversi. Perché magari sei uno che il gioco aperitivo l’ha fatto molte volte in gioventù, anche nel ruolo di chi lo governa (!!!). Uno che non disdegna vacanze “normali”, ma che fin quando le forze glielo consentiranno imboccherà un sentiero scosceso. Uno che ci ha provato a imbastire una vita familiare almeno in senso numerico (1+1=?) ma poi ha smesso perché in certi casi la matematica non è solo opinione ma magari è un sentimento.
Insomma oggi volevo parlarvi di tutt’altro, as usual, ma finii per rimestare nei cazzi miei. 
Domani, se sopravvivo al caldo e ai saliscendi, magari mi rifaccio. Ho un pezzo di sapone di Marsiglia di cui vorrei dirvi… 

9 – continua

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