Grillo, il trionfo e le risposte che servono

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Da ieri pomeriggio se uno dice “rivoluzione civile” è più intuitivo pensare al “Movimento 5 stelle” che al partito di Antonio Ingroia, che pure quelle parole se le era messe nel simbolo. E ciò perché alla luce dei fatti (e dei misfatti) elettorali i candidati di Beppe Grillo sono i protagonisti di un mutamento epocale che introduce una sorta di nuovo modello di rappresentanza sociale.
Se in passato si è parlato della Sicilia come di un laboratorio politico – un modo spesso elegante per ammantare nefandezze e tradimenti di una veste pittoresca e un po’ naif – oggi è il caso di identificarla come un palcoscenico: niente esperimenti, ma esibizioni, niente soluzioni scientifiche, ma doppi salti mortali.
Il movimento di Beppe Grillo ha riempito le piazze e i cuori di molti disillusi dalla politica, pur non riuscendo a influire sensibilmente, come invece da più parti ci si aspettava, sui refrattari al voto, ed ha saputo approfittare del vento contrario della politica per accelerare l’andatura: i velisti la chiamano bolina, tutti gli altri furbizia. All’Ars con la restituzione di parte dei compensi dei deputati e con l’opposizione al Muos e alle trivelle nel Belice ha dato una sua efficace interpretazione della “politica del fare”. Un buon punto di partenza, certo, ma tra l’atto dimostrativo, figlio legittimo dell’entusiasmo e della novità, e una coerente strategia amministrativa c’è differenza: una cosa sono i numeri in cui esibirsi, un’altra sono quelli da far quadrare.
L’esito delle elezioni politiche è quindi per il “Movimento 5 stelle” l’occasione per tendere i muscoli e spiccare il grande salto. Il vero ostacolo da superare è la coesistenza con gli altri, partiti e soprattutto elettori. L’ambizione dei grillini di rappresentare la vera Italia si schianta con i risultati elettorali che ci raccontano di tante piccole Italie, e soprattutto di tante piccole Sicilie che votano da un lato guardando dall’altro. Sinora Grillo ha scelto di non rispondere delle sue scelte riscuotendo una fiducia degna di un mahatma. Tra i suoi seguaci ha mostrato le migliori casalinghe, ha esibito i disoccupati più valorosi, ha schierato i laureati più incompresi. Si è persino scelto i giornalisti che dovevano interagire con lui (tagliandone fuori la maggior parte). (…)

Beppe Grillo, il silenzio non è d’oro

Grillo ha scelto di non concedere interviste. Il leader del Movimento 5 stelle ha una manifesta allergia nei confronti dei giornalisti, basta vedere l’insofferenza con cui li respinge quando se ne trova qualcuno tra i piedi. E’ una scelta che difficilmente può essere condivisibile, anche tra i suoi accoliti suppongo.
In campagna elettorale la comunicazione – quella vera, non quella ossequiosa delle Barbare D’Urso e delle altre pie imploranti come busta paga impone –  è fondamentale. Perché, oltre a diffondere idee e progetti, dà la possibilità agli elettori di tastare il polso del candidato, di metterlo alla prova, di verificarne la tenuta. Grillo dice: il nostro programma è tutto sul web. Sì ma, se solo fosse possibile, qualcuno dovrebbe chiedergli se lui comprerebbe mai un’auto vedendola solo sul catalogo.
Il mondo, nell’ottica del capo del Movimento 5 stelle, è tutto un complotto, tutto un magna magna. Chissà, magari è vero. E magari Grillo ha il lanternino per guidarci alla scoperta della verità. Però in un Paese che ha perso la fiducia chiedere un voto sulla fiducia è un passo ardito: per combattere un’epidemia bisogna dimostrare non soltanto di essere medici ma anche di avere i farmaci giusti.
La sensazione è che Grillo giochi molto col suo personaggio – interessante e ammaliante – e sottovaluti l’intelligenza dell’elettorato. Lo dimostra la sufficienza con la quale il comico si rivolge a chi osa fare una domanda. Caro Grillo, la sa una cosa? C’è un sacco di gente intelligente, furba e colta in quest’Italia di mezze calzette, gente che la voterebbe se solo lei si degnasse di darle conto, senza ridacchiare quando uno chiede. Solo che lei sta dimostrando di confondere il palco di un artista con quello di un politicante.
Le rivoluzioni hanno bisogno tanto di fede quanto di coraggio: la prima si coltiva in solitudine, il secondo si rafforza col confronto.
Grillo, mi duole molto dirlo, in questo momento rischia di andare a combattere con un esercito di automi.

Quello che mi convince di Beppe Grillo

A parte le frasi folkloristiche sui missili e sulla morte dei politici, due o tre di cose che ho ascoltato di Beppe Grillo nel suo comizio di Parma sono più che giuste, talmente scontate da sembrare banali.
Ad esempio nessuno ha pensato di mettere realmente mano alla semplificazione delle leggi, nonostante ci sia una sorta di ministero ad hoc. Grillo, da buon affabulatore, spiega che se una legge non si capisce, ha in sé un trucco. E ha ragione: basti pensare al groviglio di norme fiscali o ai capitoli di una finanziaria. Perché nessuno ha mai pensato di togliere le astrusità dai codici e scrivere in buon italiano?
Altro argomento sono i costi della politica. Tutta roba già detta, già sentita. Ma Grillo può vantare il successo dell’esperimento siciliano, in cui i suoi deputati hanno girato alla Regione la stragrande parte del loro compenso. Chi lo aveva mai fatto prima?
Infine i controlli fiscali con la presunzione di colpevolezza del contribuente. Vi ricordate quando ci dissero che “pagare le tasse è bello”? Ora ci vogliono convincere che non solo è meraviglioso dissanguarsi, ma è eccitante essere trattati da evasori sino a prova contraria. No, tuona Grillo (a ragione): non è lo Stato che deve chiedere al cittadino come spende i suoi soldi, ma esattamente il contrario.
Come vedete sono tutti temi elementari, che potrebbero stare alla base di ogni programma di ogni partito. Chi si sognerebbe di dire che le leggi devono essere scritte in modo incomprensibile o che è bene che i partiti costino milioni e milioni di euro?
Grillo ha dalla sua parte la linearità, anche violenta, dei ragionamenti: se rubi sei un criminale e non puoi stare al governo; se sei giovane, sei più forte di un vecchio; se un movimento a costo zero diventa una forza politica, vuol dire che la politica può essere fatta a costo zero.
Al momento, pur avendo in passato mosso critiche a Beppe Grillo, non ho sentito proposte più convincenti.