Il cannolo che si fece moneta

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Cannoli e passito sulla moneta commemorativa da 5 euro del 2021. L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha deciso così di celebrare i prodotti tipici siciliani: per completezza di informazione c’è anche la moneta dedicata ai tortellini emiliani, quindi almeno stavolta niente strepiti di disparità tra Nord e Sud. Se è vero che il mondo è un’interminabile sfilata di simboli, il cannolo è una icona tra le più universali (e ruffiane): tramanda gusto, ammiccamento, complicità, gola, sesso, politica, trasversalità, crosta e crema al tempo stesso. Neanche coppola e lupara arrivano a tanto. È quindi il simbolo meno simbolo in assoluto, è piuttosto un ologramma di una tradizione che, in epoca di contaminazioni globali, sforna panettoni da record lontano da Milano e sushi memorabili lontano da Tokyo. Insomma cannoli e passito su una moneta commemorativa non commemorano un bel nulla di questi tempi confusi, con cultura e tradizioni chiuse per decreto, con sensi ottenebrati da emozioni da asporto. L’impressione è che una scelta del genere sia qualcosa di molto simile al fumo negli occhi: fumo della presunta valorizzazione di un prodotto che oggi praticamente non c’è se non come merce clandestina da spacciare sottobanco tipo delinquenti senza scrupoli; occhi socchiusi perché arrossati dal freddo di una solitudine collettiva.
C’è in certe decisioni politiche e culturali un irritante scollamento dal qui e adesso che vorrebbe scimmiottare la storia, ma che invece diventa storiella, panzana al limite del raccontabile. Come al bar, quando i bar esistevano ancora, tra amici alticci, in una fredda serata invernale: la sai quella dei cannoli e del passito che si fecero moneta da cinque euro?

Se la Sicilia decide di battere moneta

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Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

L’idea è di quelle talmente geniali da annichilire. C’è la crisi, i siciliani sono in difficoltà economiche, il tessuto produttivo è in necrosi. Servono soldi e siccome soldi non ce ne sono, il deputato pd all’Ars Giuseppe Laccoto ha avuto un’idea, anzi ha avuto l’idea di prendere a prestito un’idea altrui: battere moneta. Il ddl è già stato depositato e ha riscosso l’entusiastico consenso dell’Mpa, che quando si tratta di soldi ha il sesto senso del mentalista Tesei e la visione strategica di Diabolik.
Se il progetto andasse in porto, presto la Sicilia potrebbe quindi avere la sua alternativa all’euro, che si chiamerebbe Grano come la moneta del Regno delle due Sicilie di cui, presi da altre grane, ci si era colpevolmente dimenticati.
Il copyright di tutta questa storia non è però del singolo Laccoto, ma di un’associazione chiamata Progetto Sicilia che propone “un programma di crescita e di sviluppo” da attuare sotto la benedizione della Santa Autonomia, quella che fa miracoli a gentile richiesta.
Fedeli alla visione Poundiana secondo la quale “chi non s’intende di economia non capisce affatto la storia”, questi innovatori del pensiero siculo hanno mescolato matematica, cronaca, futurismo e, probabilmente, un pizzico di scaramanzia per dar vita a un piano che prevede, proprio grazie al Grano, la creazione di 250 mila posti di lavoro: insomma un po’ Berlusconi nella fase pre-condanna, un po’ Alfonso Luigi Marra nella fase pre-Tommasi. (…) Strategicamente si parla di “uno strumento per fronteggiare la crisi di liquidità”. Capito? Quando ci sono pochi soldi in giro, basta stamparne di nuovi. Geniale e annichilente.

Per un pelo

Uno pensa che la stabilità di una moneta dipenda da inestricabili rapporti tra banche, stati, imprenditori e criminali. Invece, come insegna la vicenda di Dominique Strauss-Kahn direttore del fondo monetario internazionale arrestato con l’accusa di molestie sessuali, certi equilibri si incrinano per un pelo. Proprio quel pelo lì.