Esposizione gandhiana (anche se ti dicono troia)

boldrini offese

C’è un gran dibattito, neanche tanto colto e/o entusiasmante, sul post di Laura Boldrini che, nella giornata contro la violenza sulle donne, ha pubblicato un sunto delle offese che riceve quotidianamente sulla sua pagina Facebook. Il punto della riflessione collettiva, e parlare di riflessione quando si tratta di social significa essere irrimediabilmente ottimisti, è che la Boldrini ha pubblicato nomi e cognomi in barba a un presunto diritto alla privacy dei lestofanti che la bersagliano di schifezze. Chiamatela gogna, chiamatela vendetta, chiamatela giustizia: io sono d’accordo per la pubblicazione integrale dei nomi. Per cinque motivi.

  1. Se la Boldrini avesse cancellato i nomi, i soliti troll la avrebbero accusata di non dire le cose esattamente come stanno. Sì, proprio così.
  2. Fermare le violenze sui social è molto difficile. Una delle strategie di minor insuccesso è quella del braccio di ferro, che consiste nel far prevalere la propria forza di ragione con muscolarità.
  3. I profili Facebook a noi visibili sono pubblici e per giunta si tratta di persone che stanno scrivendo su una pagina pubblica.
  4. Nell’era dell’inciviltà globale dobbiamo finirla di toccarcela con la pinzetta. Se tu mi offendi o mi calunni o cerchi di danneggiarmi con messaggi falsi o violenti, io ti appendo in bacheca. Così tutti vedranno il tuo bel faccione e magari qualcuno che ti conosce imparerà a evitarti quando ti incontra per strada o ti darà semplicemente dello scemo.
  5. Bisogna sfatare questo pseudo-mito della violenza sulla privacy non tanto per quanto scritto nel punto 3, ma perché trattandosi di legittima difesa la pubblicazione dei nomi non è essa stessa violenza, ma reazione nonviolenta. Esposizione gandhiana.

Le porcate sulla Boldrini e la congiura degli imbecilli

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Quello sulle offese sul web alla Boldrini, dopo il video pubblicato da Grillo, è un vero festival dell’ipocrisia. E non, ovviamente, perché sia giusto scrivere porcherie contro il presidente della Camera, ma perché l’eccezionalità del fenomeno è evidentemente montata ad arte. E qui non c’entra la fede politica, ma la cronaca.
Da quando internet è diventato il mondo degli scambi di opinione, il luogo dei commerci, il paradiso della libertà e l’inferno della ragione, si è verificata una invasione di cretini. E non c’è da stupirsi, accade così nella storia. Insieme con la popolarità si registra spesso un inevitabile abbassamento di qualità, perché la massa non è immune dal calcolo delle probabilità: più persone ci sono, più è alto il pericolo di contagio degli imbecilli.
Sul web, prima che la Boldrini s’inventasse un ruolo politico, le offese sono sempre esistite. E a nessuno è mai venuto in mente che ciò è giusto e che bisogna imporsi di essere tolleranti, pazienti, che bisogna porgere l’altra guancia (telematica o no). No, le leggi per difendersi ci sono e funzionano pure. A me è capitato di dover ricorrere alla giustizia per un caso di diffamazione e la legge, pur coi suoi tempi, mi ha dato una risposta. Quindi fare diventare uno scandalo politico la semplice prova di esistenza in vita di un gruppo di coglionazzi è un’operazione che non convince. Anche perché – diciamocelo – non siamo proprio un Paese raffinato. Abbiamo sopportato per decenni un premier che dava del coglione ai nemici politici, che definiva “culona inchiavabile” una leader internazionale, che offendeva apertamente un’intera categoria come quella dei giudici. Abbiamo visto cappi e mortadelle in Parlamento. Abbiamo sopportato i latrati razzisti di una pattuglia di ministri leghisti. Insomma ci siamo cuciti addosso una tolleranza che doveva essere un vestito di civiltà, ma che invece era solo una corazza di difesa contro lo schifo che ci circonda.
Ora scopriamo che la nuova emergenza italiana sono quattro falliti, nottambuli e segaioli, che postano porcherie contro il presidente della Camera sul blog di Grillo.