Uno dei principali argomenti sguainati dai benaltristi che criticano la mobilitazione del mondo dinanzi agli attentati di Parigi è: dato che non vi indignate per i morti di altre parti del pianeta, questo fiorire di tricolore francese nelle piazze, nei monumenti, sui social è solo il frutto di una grande ipocrisia. Continua a leggere Alla ricerca dell’insoddisfazione perenne
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Il diritto di odiare
In queste ore di sdegno disorientato, di paura liquida, c’è un diritto fondamentale, spesso calpestato, che va salvato. È un diritto che origina dal profondo delle nostre anime, che supera i cancelli della prudenza, ma che è fatto di ragione. Persino il Vaticano usa il verbo “reagire” e non richiama nessun’altra guancia da porgere. Questa è una tragedia di uomini, Dio non c’entra. E chi lo tira dentro – che sia di una fazione o di un’altra – è un cialtrone. Non servono più i pelosi distinguo che separano gli islamici buoni da quelli cattivi, qui ci si divide tra assassini e vittime, senza differenze di colore o di nazionalità. Lasciamo in soffitta i complottismi e le rivisitazioni storiche (l’Occidente, il Colonialismo, i traffici d’armi, i Servizi foraggiatori di terroristi, e altre cose così) e guardiamo le cose come sono. A Parigi come in qualunque altra città del mondo, chi spara sugli inermi non ha giustificazione alcuna, né storica né sociale. Non sono i “bastardi islamici” (per dirla con Libero) i nostri nemici, ma i bastardi delinquenti: i mafiosi, notoriamente cattolici, non hanno mai ispirato titoli tipo “assassini della Madonna” o “stragisti cattolici”. Analizzare i concetti, isolandoli dalle nostre contaminazioni ideologiche, è un buon modo per costruire una reazione adeguata. E per esercitare il nostro diritto più intimo e complesso. Il diritto di odiare.