In queste ore si scatena sul web una polemica che vede protagonista il magistrato-scrittore, o viceversa, fate voi, Gianrico Carofiglio, il quale ha intentato una causa a un editor che aveva scritto del suo ultimo “Il silenzio dell’onda” (terzo qualificato al Premio Strega) le seguenti parole: “Un libro letterariamente inesistente, scritto con i piedi da uno scriba scribacchino mestierante, senza un’idea, senza un’ombra di ‘responsabilità dello stile’…”.
Due considerazioni, una di ordine generale, l’altra più specifica nei confronti dell’autore in questione.
Chiunque – che sia scrittore o recensore, lettore o editore – sa che a una critica letteraria è scontato ribattere per le rime, saggio opporre uno sdegnato silenzio, folle rispondere per vendetta con una querela.
Quanto all’autore, chiunque – che sia scrittore o recensore, lettore o editore – è conscio del fatto che lui, Carofiglio, è molto, infinitamente, benvoluto dalla critica e dalle giurie. Da dieci anni i suoi libri sono trattati come se fossero tutti capolavori: quasi impossibile trovare in giro osservazioni critiche a romanzi come “Il passato è una terra straniera” (il primo esempio che mi viene in mente) che stupiscono più per l’eco mediatica che per la sostanza.
Brutta sensazione quella del proliferare di nuovi intoccabili. Magari con tanto di immunità parlamentare. Perché, dimenticavo, Gianrico Carofiglio è anche senatore della Repubblica. Magistrato-scrittore-senatore. Speriamo che dalle querele non si passi alle interpellanze.