D’amore e d’accordo

chitarra

Settore fatti miei. Ho riallacciato i rapporti con un’amica, una cara amica, che non frequentavo da troppo tempo. Ci eravamo lasciati senza preavviso, da un giorno all’altro la nostra confidenza era scemata sino a ignorarci completamente: lei da una parte, io dall’altra. Succede.
Io pensavo spesso a lei. Del viceversa non so. Di certo per oltre vent’anni – ebbene sì, di questo si tratta – non c’era musica che non mi ricordasse lei, non c’era tramonto che non mi facesse avvertire una mancanza profonda. Toccarla. Accarezzarla.
Niente e nessuno poteva ripianare questa voragine emotiva.
Solo lei poteva sopperire a lei.
E così, per farla breve, ho ceduto al destino dei sensi. Armato di un innato senso di incompiutezza e non nascondendo la mia ansia di prestazione (il miglior modo di diluire le proprie debolezze è ostentarle, magari facendo finta in pubblico di prendersene gioco), mi sono riavvicinato a lei.
E finalmente, dopo ore, giorni, notti, pensieri, incubi, ripensamenti, delusioni, smarrimenti, inusitate euforie, illusioni, l’ho riavuta tra le mie braccia.
Mia, tutta e solo mia.
Il problema è stato pizzicare le corde giuste.
Al momento andiamo d’amore e d’accordo. Un nuovo inizio con la mia chitarra. Ma si sa, all’inizio tutto è più bello, persino la fine.

La mia banda suonava il rock

stratocaster

Oggi la Fender Stratocaster compie 60 anni. Quando fu scattata questa foto ne aveva 28 (e il titolare di questo blog non arrivava a 20).

Ancora un po’ di cose mie

Gery e la sua Fender Stratocaster

Avevo una Fender Stratocaster rossa nei primi degli anni Ottanta. Suonava in modo tagliente con un amplificatore Fender, anche se preferivo “riscaldarla” un po’ con le valvole del Marshall. E’ stata la mia prima chitarra importante, regalo dei miei per il diploma di maturità classica. La lucidavo ogni giorno, anche se avevo ceduto alla insana tentazione di attaccarci un adesivo dei Van Halen (non si può dire che fossi un tipo raffinato!), la sera la riponevo nella sua custodia sotto il mio letto. Passavo gran parte del mio tempo libero a sognare di essere degno di lei, come un aspirante amante che ha una donna troppo bella per sentirsene all’altezza. In fondo non la suonavo, la strimpellavo. Ma quando la sera con gli amici ci ritrovavamo nello scantinato che era la nostra sala prove, la imbracciavo mi sentivo un musicista vero. Perché ci sono momenti nella vita in cui l’abito fa un po’ il monaco: basta avere un pizzico di fantasia e molta vita davanti.
Ecco, se dovessi prendere un oggetto della mia giovinezza e dire “questo mi rappresenta, questo ero io”, non citerei la Vespa, né un disco di vinile, il diario Vitt, le Adidas SL72, le krapfen dell’Antico Chiosco, il costume Speedo a striscie (!) o i capelli lunghi (!!!). Prenderei la mia Fender rossa (tutto questo perché mi sono accorto che proprio oggi la Stratocaster fa sessant’anni).