Settore fatti miei. Ho riallacciato i rapporti con un’amica, una cara amica, che non frequentavo da troppo tempo. Ci eravamo lasciati senza preavviso, da un giorno all’altro la nostra confidenza era scemata sino a ignorarci completamente: lei da una parte, io dall’altra. Succede.
Io pensavo spesso a lei. Del viceversa non so. Di certo per oltre vent’anni – ebbene sì, di questo si tratta – non c’era musica che non mi ricordasse lei, non c’era tramonto che non mi facesse avvertire una mancanza profonda. Toccarla. Accarezzarla.
Niente e nessuno poteva ripianare questa voragine emotiva.
Solo lei poteva sopperire a lei.
E così, per farla breve, ho ceduto al destino dei sensi. Armato di un innato senso di incompiutezza e non nascondendo la mia ansia di prestazione (il miglior modo di diluire le proprie debolezze è ostentarle, magari facendo finta in pubblico di prendersene gioco), mi sono riavvicinato a lei.
E finalmente, dopo ore, giorni, notti, pensieri, incubi, ripensamenti, delusioni, smarrimenti, inusitate euforie, illusioni, l’ho riavuta tra le mie braccia.
Mia, tutta e solo mia.
Il problema è stato pizzicare le corde giuste.
Al momento andiamo d’amore e d’accordo. Un nuovo inizio con la mia chitarra. Ma si sa, all’inizio tutto è più bello, persino la fine.
Ti capisco. Anche a me, dopo anni di oblio, è venuta voglia di prenderla in mano. Di sicuro sono un chitarrista più scarso di te, non ricordavo che farsi venire i calli alle dita fosse così doloroso, ma ci sto provando. Al momento sono pochi esercizi, una scala elementare, qualche giro di accordi, arpeggi che prima conoscevo a memoria e ora sono diventati corse a ostacoli. Ma alla fine, quando la poso , mi sento meglio. Mi ripeto che non devo avere fretta, verrà il momento di riprenderele cose più toste. Tanto il tempo c’è…