La sfilata a Novara di quei quattro fessi no pass travestiti da deportati nazisti è il famoso passo avanti sul ciglio del baratro. Che ci spinge a farci la domanda cruciale? Esiste un limite all’ignoranza gretta e colpevole? Probabilmente una risposta non c’è, quindi al contempo c’è: nell’assenza di un confine e di una sua descrizione ci si deve rassegnare a una serie infinita di ripetizioni più o meno evolute.
Da tempo noi giornalisti ci interroghiamo su quale sia la nostra responsabilità nella diffusione di queste indecenze senza scopo e ragione. Ci siamo spesso giustificati – io per primo – adducendo l’imperscrutabile diritto di cronaca e rifacendoci al ruolo cardine dell’informazione, che è appunto quello di eliminare le sacche di ignoranza. Ma ciò aveva senso quando avevamo il pallino del mainstream in mano, cioè quando l’informazione era davvero un potere (e non soltanto in senso negativo). Oggi il quadro è radicalmente cambiato: Facebook è il più grande e pericoloso distributore di notizie del mondo, senza verifiche e senza responsabilità, dato che se venisse identificato come “azienda editoriale” sarebbe costretto a chiudere i battenti per impossibilità di controlli. Quindi il ruolo di sentinelle tocca alle vere aziende editoriali, in qualunque forma operino, perché un’informazione senza responsabilità non esiste.
Spiegare, spiegare, spiegare. Senza sconti, con la necessaria fermezza. Distinguendo le opinioni diverse dalle nostre da quelle, finte e baggiane, che inquinano il mondo in cui le opinioni vere nascono. I fessi di Novara sono un prodotto dell’algoritmo che come un virus ha modificato il dna del nostro sapere, ha azzerato le difese immunitarie della nostra buona creanza, e ha fatto troppe vittime collaterali.