L’articolo pubblicato su la Repubblica.
Se anche si trattasse di spie, ben vengano. La nuova campagna del Comune – ultimo atto che sa anche di disperazione – per arginare il fenomeno dell’abbandono irregolare dei rifiuti prevede il coinvolgimento di cittadini volontari armati di cellulare e una sorta di inconfessato slogan tipo “lottate e fotografate insieme a noi”. Non sono in grado di abbozzare sull’efficacia di un tale metodo, ma di certo non si può non salutarlo con favore. E non solo per l’ambizioso obiettivo, convincere l’incivile palermitano che la città non è una discarica anche se lui si meriterebbe di viverci da cittadino onorario, ma anche per la felice declinazione dell’uso del mezzo telefonico. Pensate, in mezzo a mille scatti pensati e realizzati a uso social ce ne sarà qualcuno pensato e realizzato a uso sociale. Non saranno solo labbra a cuore, tette, piedi, pornfood e tramonti a giustificare l’esistenza di smartphone che costano quanto un’utilitaria e montano ottiche da telescopio Hubble. Ci sarà anche, e finalmente, l’immagine dell’incivile che abbandona rifiuti dove non dovrebbe e sarà un clic a suo modo glamour nel trasmetterci un’eleganza solo anelata ma possibile, se solo il mondo si affrancasse da quel lestofante. Nessuna tentazione di giustizia sommaria, niente pulsioni delatorie: la munnizza a Palermo non si presta a strumentalizzazioni nella sua endemica essenza trasversale. Lambisce il ricco e il povero allo stesso modo, non ha colore politico al contrario di quella romana (che notoriamente è stata inventata per mettere in crisi la sindaca Raggi e il suo partito). La munnizza di Palermo diventa un’esca per stanare il predatore di igiene, l’accaparratore di sogni altrui… e cos’è una città pulita se non un sogno eterno e lontano?
Mai come oggi a Palermo serve uno scatto. Che sia di fotocamera o di orgoglio, ma scatto sia.