La campagna del radicale Marco Cappato che con l’associazione Luca Coscioni porta avanti la battaglia per una morte dignitosa è anticamente bella.
Anticamente perché in un’era di mobilitazioni da mouse, con migliaia di rivoluzionari da tinello che non alzano il culo dalla sedia manco per affacciarsi alla finestra e respirare un po’ di realtà, uno che va in Procura per autodenunciarsi per il reato di aiuto al suicidio (rischiando una paccata di anni di carcere), dopo aver accompagnato un uomo in Svizzera per il suo ultimo viaggio, compie un gesto di antica importanza. Di coraggio radicale, se volete: autentico, che si tocca con mano, che commuove. E che dimostra che per accarezzare il cuore dei vivi non servono i finti videoclip coreani sul giovane mendicante che diventa una star della medicina e guarisce aggratis chi gli aveva dato l’elemosina.
Bella perché è una campagna drammaticamente meravigliosa. Forte e amorevolmente crudele come solo la storia dei radicali ha saputo metterne su.
Insomma Marco Cappato indagato è il migliore motivo per guardare al futuro con ottimismo analogico. Se proprio qualcosa il fantasmagorico popolo del web volesse fare per mettere a buon profitto l’impegni di Cappato, dell’associazione Coscioni e di quei galantuomini che lottano per un ideale scomodo e anticamente bello,
potrebbe limitarsi a leggere, imparare, rileggere e riflettere. Senza lasciarsi trascinare da un hashtag, ma solo da un’eventuale anarchica emozione.