Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Esserci o non esserci? La domanda cruciale che galleggia tra i componenti siciliani del Pd è tutta legata a cosa fare nel weekend. Andare alla Leopolda palermitana o girare al largo? La vocazione elitaria del partito, in passato sperimentata come ottimo antidoto contro sconfitte e passi falsi, trova la sua Caporetto isolana nei Cantieri Sandron dove sabato e domenica si celebreranno il rito del bagno di folla e la cerimonia della promiscuità programmatica. Tutti insieme appassionatamente nel partito macedonia, perché persino nel bignamino della politica c’è scritto che non si governa solo con le idee, ma che ci vogliono i numeri. E che le rivoluzioni annunciate, dalle nostre parti non portano a niente giacché servono consessi di stabilità, occorrono persone in grado di mettere ordine anziché scompaginare. Intanto dietro la porta di Davide Faraone, colui il quale ha preparato e condito la macedonia, la fila si allunga. Ci sono ex di tutto, fuoriusciti di partiti estinti, amministratori raminghi, dirigenti incazzati, cercatori di luce e portatori d’ombra. Premono per un posto in quel Pd che un tempo respingeva e che oggi abbraccia con una capacità di accoglienza che rischia di innescare una sorta di emergenza umanitaria nella politica siciliana. (…)
“Delinquenti e mafiosi li lasciamo fuori”, avverte Faraone sorvolando sul dettaglio che non basta la fedina penale pulita per ottenere il biglietto di ingresso nel partito, ma che dovrebbe essere richiesta una modica quantità di coerenza. Questa però, nella terra della perenne transumanza politica, è una qualità poco apprezzata.
Ora nel Pd l’ordine di scuderia è uno e uno soltanto: “Aprire le porte”. Anche a dispetto del tempo che fa.