Il disastro del Pd è il disastro di un partito – l’ultimo rimasto in Italia – che non ha saputo arrendersi alla crudele realtà del tempo che passa. Bersani e Bindi hanno gestito alleanze e progetti con la lungimiranza di un ubriacone a secco di alcol.
Un tempo ci insegnavano che è più difficile saper vincere che saper perdere, oggi questi catorci della politica italiana ci hanno dimostrato che è possibile perdere anche quando si vince.
Prima Berlusconi, ora Grillo hanno cucinato il Pd nel brodo dell’illusione, lasciandolo rosolare nel sogno di una vittoria a mani basse e servendolo al sangue dopo averlo affettato con precisa freddezza. Perché il difetto fatale di questa sinistra fanfarona è quello di cantare vittoria quando la vittoria non è nemmeno in vista. Dopo D’Alema, non c’è stato più un leader con la giusta dose di plausibile aggressività: da Fassino a Bersani, infatti, è stato tutto un crollo di credibilità fisica, ideologica, strategica.
Il Pd muore oggi di consunzione, ma è come se l’avessero assassinato.