Vita analogica, ogni tanto

Non sono un tifoso sfegatato della carta. Leggo, dopo un anno di regolare allenamento, anche su supporti tecnologici ad alto rischio incazzatura (provate a mettervi d’accordo con un tablet particolarmente sensibile allo sfioramento, quando voltate pagina senza la risolutezza che serve). Però in questo periodo mi è capitato di vivere in una dimensione molto analogica, senza connessioni che non siano di reale vicinanza: si parla perché si è seduti accanto, si gusta il silenzio poiché le parole non sono infinite, ci si guarda in faccia per capirsi. È sempre un’esperienza istruttiva, quella di azzerare d’improvviso tutto per poi riepilogare. Risponde all’antica esigenza di crearsi, e rinnovare, i giusti termini di paragone. Spegnere per poi riaccendere, sottrarsi per poi tirare le somme.
Leggere pagine stampate con vero inchiostro, sfuggire alla aleatoria onnipotenza del web è un esercizio fondamentale per chi ha gli occhi impastati di pixel. Internet è il mezzo di scambio più veloce che ci sia, però la rapidità non è tutto.
Ad esempio, ora il mio tempo di connessione è scaduto e ci sono mille altre cose da fare dopo aver messo online questo post. Passeggiare, guardare un panorama, perdonarsi la bulimia di comunicazione, indugiare sotto la luna, ballare senza musica e via immaginando.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

Un commento su “Vita analogica, ogni tanto”

  1. Che bello sfogliare un libro, magari fresco di
    stampa: e se ci fai caso le pagine sono odorose,
    quasi profumate

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