Elogio di Stieg Larsson

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Ho finito di leggere la trilogia Millennium di Stieg Larsson, un genere di libro che gli intellettuali leggono di nascosto come accadeva anni fa con Sidney Sheldon e certe cose di Ken Follet. Una buona fetta dell’intellighenzia ritiene infatti che il divertimento scritto sia poco elegante, come un abito comodo acquistato coi saldi. Siccome io non sono un intellettuale, vesto malissimo e non ho nulla contro i saldi, posso parlare bene di Larsson e della sua opera senza nascondermi dietro uno pseudonimo.

Larsson è, o meglio è stato, un gran tessitore di storie. L’architettura della serie Millennium è perfetta. Ogni libro basta a se stesso pur essendo collegato indissolubilmente agli altri. I personaggi sono talmente vivi che gli si perdona qualche dialogo superficiale, proprio come accade alle persone che ci circondano. La vicenda sulla quale sono imbastite le trame dei tre libri è avvincente e originale. Ci sono spie, ricchi enigmatici, giornalisti d’assalto, poliziotti coraggiosi, giganti malvagi, padri infedeli e figli degeneri. E soprattutto ci sono donne di ogni genere: ricche, diseredate, violentate, affamate di sesso, timide, disinibite, deboli, forti.

Il primo volume della serie, Uomini che odiano le donne, ha un avvio un po’ lento: dopo le prime sessanta pagine però la storia decolla.
Il secondo, La ragazza che giocava col fuoco, è dal punto di vista dell’azione il più coinvolgente, nonostante qualche crepa nella verosimiglianza: ma anche certe forzature – un personaggio che non riesce a morire nonostante sia stato colpito con ogni tipo di arma e addirittura sepolto – hanno il fascino della favola noir.
Il terzo, La regina dei castelli di carta, ha nel finale un dibattito processuale che ogni scrittore di legal thriller dovrebbe leggere: i dialoghi tra parti (avvocati, giudici, testimoni, imputati) sono talmente serrati da togliere il fiato al lettore.

Il numero di pagine complessivo è intorno alle 2.200. Ma scorrono che è un piacere: basta aver voglia di divertirsi.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

22 commenti su “Elogio di Stieg Larsson”

  1. Io stasera inizio il terzo. I primi due li ho ingurgitati con fame bulimica. Avvincenti e appassionanti in tutta la loro semplicità (di scrittura, non di trama).
    Devo ammettere, però, che ogni volta che ne ho finito uno, mi è venuta voglia di leggere qualcosa di più complesso (e un po’ meno lungo).

  2. Io la battaglia contro gli “intellettualoidi” l’ho abbandonata da un pezzo, per stremo delle forze. A questo post reagisco come le rane stimolate dalla scarica elettrica. Purtroppo è un vizio antico tutto italiano (ma anche francese, via) dover sempre distinguere tra opere “d’autore” e opere di “consumo” anziché tra opere belle o riuscite e non; il che sarebbe più logico e anche più sano. Fra l’altro, a parlare è spesso gente che non ha nemmeno letto o visto ciò che critica o schifa, tanto sanno già tutto e non ne vale la pena. Non è nemmeno colpa loro. E’ quasi una questione di imprinting, purtroppo. Da noi se non sei consacrato (da chi, poi?) come “impegnato” non vali niente. Ti meriti un sorrisino. Salvo morire ed essere rivalutato. Ecco perché in Italia tanti somari gonfiati passano per geni. E intanto altrove si fa la storia della letteratura e del cinema. E quando dico storia, intendo gente che duri nel tempo e per generazioni. Ma c’è anche il fenomeno contrario: se vendi, vuol dire che ti meriti di essere comprato. In definitiva, tutti giudicano e nessuno si chiede se qualcosa gli piaccia veramente o no. L’Italia è anche questo, che ci vogliamo fare?

  3. Io, molto vorace questa settimana, ho letto altri due “casi editoriali” (strano, perché di rado compro libri che scalano le classifiche): “L’eleganza del riccio” e “La solitudine dei numeri primi”. Ora mi accingo a iniziare una cosa molto più di nicchia, “Nessuno al mondo” di Hisham Matar. Poi ho in coda un saggio “mafiologico”, sul comodino. E dopo mi sa che un Larsson lo leggerò.

  4. Io ho tre libri su comodino di cui non ricordo i titoli. Ogni tanto li spolvero. Periodicamente li cambio con altri perchè le copertine che ho sott’occhio mi sono venute a noia. Il massimo dell’impegnato che riesco a leggere è novella 2000, ma va bene così, passerà!

  5. @silvia: succede. E’ successo anche a me per un periodo, quest’inverno. E ora mi è tornata la fame.

  6. io mi sto facendo forza per finire il secondo, che rasenta livelli di inverosimiglianza degni da film di james bond ultima serie.

    Il primo, pur nella esasperante lentezza dell’avvio e nella totale inutilità e assurdità delle ultime centocinquanta pagine, mi è piaciuto.Il corpo centrale del libro ti tiene incollato e si legge con vero gusto.

    La buonanima scrive in modo piacevole, ma se invece di 2200 ce ne avesse lasciate 1.500 di pagine forse sarebbe stato meglio, a mio parere.
    La lista della spesa di Lisbeth Salander ribadita ogni cinquanta pagine, ad esempio, è una di quelle cose che fa volume e che un editor sapiente avrebbe potuto cassare insieme a un altro mucchio di roba.

    Non so se mi butterò pure sul terzo. Se non ce la faccio, Gery, me lo racconti tu? ehehehehe

  7. …voglia di divertirsi sì, ma anche tempo, direi. Con la fatica che mi ritrovo, alle undici della sera, a stento riesco a leggere i miei “cult” (nell’ordine):
    1) L’Amaca (Michele Serra, Repubblica)
    2) Satira preventiva (Michele Serra, L’Espresso)
    3) Questioni di cuore (Natalia Aspesi, Venerdì di Repubblica)
    4) Le interviste di Giuliano Zincone (Corriere della Sera-Magazine)
    5) Gli oroscopi di Marco Pesatori (D di Repubblica) e di Horus (Venerdì di Repubblica)

    Mi sento comunque pronto per Novella 2000 e mi spingerei anche verso Chi?. Nel caso la deriva intellettuale si spingesse verso Diva & Donna ho già a portata di telefonino il vecchio numero della mia psicoterapeuta.

  8. Certo, Salvo. Lo faccio principalmente perché mi è piaciuto il titolo del tuo primo post sul de cuius: E stiegazzi.
    E anche perché così finalmente riuscirò a farmi offrire pizza e birra da te.

  9. Farò tesoro dei tuoi consigli, Gery. Consiglio anche, a chi non ha puzza sotto il naso, la saga di Petra Delicado, la tostissima commissaria barcellonese di Alicia Gimez-Bartlett. Con costei (la scrittrice catalana) farei sicuramente una graphic novel se solo lo volesse.

  10. @holdenC: non capisco perchè forzarsi a finire un libro che evidentemente non le piace.

    @salvatorerizzo: ho sempre letto la rubrica della Aspesi, e l’ho sempre trovata arguta e a tratti disarmante nelle sue risposte dirette e senza troppi giri di parole.
    Ultimamente, però, ho riscontrato un tasso di acidità esasperato. Quasi crudele, direi.

  11. @Contessa, sono d’accordo, perchè forzarsi a leggere un libro che non piace? E’ come restare al cinema per sorbirsi un film fino alla fine aspettando una svolta che non arriverà mai! Per quale principio poi?

  12. @Gianni
    La puzza sotto il naso rende l’olfatto insensibile, meglio non avercela.
    Personalmente, Petra Delicado e il suo personal Sancho Panza-Fermin, li vedo benissimo disegnati da te. Soprattutto Petra

  13. @abbattiamo. Per la soddisfazione di poterlo raccontare. Denota determinazione e forza di volontà? Se sì sono rovinata!

  14. @fm: li ho dipinti entrambi (Firmin e Alicia alias Petra) in un acrilico del 2006 in cui si vede anche (in primo piano) Pedro Alomodovar e due angioletti che svolazzano estatici. E c’è una madonna tollerante che benedice tutti i presenti. Il quadro si intitola: Madonna delle pietre delicate.

  15. @mister mister

    Non so se la mia psico accetti colloqui di gruppo. Io li ho fatti individuali ma molto tempo fa. Cinque anni. Verso la fine della terapia, un pomeriggio, non l’ho più vista nella stanza, l’imposta del balcone aperta, il vento che faceva volare la tenda: “Oddio – mi sono detto – ho fatto il danno: non mi ha retto più e s’è buttata”. Per fortuna era andata a spegnere l’irrigatore delle piante. Pensa: cinque anni di psicoterapia finiti con un senso di colpa grande così…

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