Un chilo di legalità

Quanto vale un chilo di legalità? Mi sono posto la domanda mentre mettevo a punto, con altri qualificati amici, un’iniziativa di cui vi dirò tra un minuto. Prima il tema. Abbiamo convertito all’accezione consumistica Che Guevara (le magliette), l’amore e la memoria. C’è qualcosa che sfugga ancora al cosiddetto libero mercato, alla misurazione e alla signoria dello scaffale?
Probabilmente, no. Tuttavia, in questo caso squisitamente “legalitario” – ecco la risposta che mi è venuta in mente – non è detto che sia un errore. Non è detto che sia sbagliato fare i conti in tasca al “bene”, per capire finalmente che il “male” non solo fa schifo, ma nemmeno ci arricchisce.
Prendete un siciliano con una coppola media – né boss, né cittadino compiuto – e piazzategli davanti le immagini di una strage di mafia, col suo coro dolente di vittime morte e di vittime sopravvissute. Reagirà, sul momento, con sdegno. L’intimo senso di commozione violenta si trasformerà in necessità pubblica di redenzione. Quel siciliano risorto, per due o tre giorni, non butterà per terra le cartacce. Infine, tornerà l’autunno dell’abitudine che sempre comprime una rottura esistenziale. Torneranno le cartacce per strada. Quel siciliano tornerà ad essere il solito siciliano.
La via emotiva alla palingenesi si è dimostrata difficile da praticare. Ha cambiato qualcuno, forse di più. Ma non moltissimi, né tutti.
Immaginiamo un percorso diverso. Una strada che parta dal portafoglio e arrivi dritta al cuore. Facciamoci, dunque, i conti in tasca. Ragioniamo, analizziamo. Quando scopriremo che essere siciliani nel senso mafiologico del termine (e ci sono svariati altri modi per fortuna) conduce soprattutto svantaggi tangibilissimi e sottosviluppo, saremo in grado di organizzare una risposta collettiva al problema. Alcuni commercianti hanno smesso di pagare il pizzo perché non era più conveniente farlo.
Non nego affatto il valore puro di una rivoluzione profondamente spirituale e identitaria, né mi sogno di affermare che è irrealizzabile o che in parte non sia già in atto. Sostengo che esistono sistemi collaterali per aiutarla a nascere e a mettere i denti da latte.
La domanda d’avvio era: quanto vale un chilo di legalità? E’ una merce che possiamo produrre ed esportare? Chi volesse ascoltare opinioni autorevoli circa la risposta, può venire a Villa Filippina, a Palermo, per il Festival della Legalità. Ci sarò (umilmente) io, dietro le quinte. Ci sarà Gery per moderare un dibattito. Ci saranno Piero Grasso, le foto di Mario Francese e di Maria Grazia Cutuli, Antonio Ingroia, i pm che conoscono la mafia da capo a piedi. Ci sarà Davide Enia con una “cantata” inedita per Paolo Borsellino. Ci sarà Giuseppe Ayala. Ci saranno molti altri. Tutto spalmato in due fine settimana per cinque giorni. Venerdì 19, sabato 20 settembre, poi giovedì 25, venerdì 26, sabato 27. A breve vi farò sapere il programma nel dettaglio, se vi interessa.
Avvertenza. Siccome si parla di mercato, questa è anche pubblicità, perchè la faccenda mi sta a cuore. Ma è pubblicità progresso. E non ci guadagno.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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