Pronto, casa La Terza?

Ma ve li ricordate gli scherzi telefonici? Occorrevano: naturalmente un telefono (fisso, esisteva solo quello), un pomeriggio o una serata con le mani in mano (di queste ce ne sono state e sempre ce ne saranno), una vittima designata o colta a caso (entrambe destinate a chiamate regolari, perché uno scherzo senza tormentone è come una farfalla senza ali) e una buona dose di innocente vigliaccheria (non c’erano identificatori del chiamante). Si componeva il numero già ridendo, si teneva a bada l’esuberanza dei complici (senza, lo scherzo era come una farfalla, etc. etc.) con dei sttt! convulsi. Si aspettava con il cuore in gola che la voce dall’altro capo mettesse fine a interminabili tuuuut! densi di suspense.
Il resto era creatività pura, commedia dell’arte. Si andava dalla rielaborazione di canovacci supersfruttati (“Pronto, signora? Qui è la Sip. C’è un guasto. Soffi nel telefono… basta! mi ha gonfiato i coglioni!” “Pronto, qui l’acquedotto… acqua calda da lei ne arriva?… E fredda? Sì? Allora si lavi il culo!”) al plot estemporaneo con sottofondo noir (“Pronto? Come chi parla a quest’ora? Sono il vendicatore della notte…”) o legato alla quotidianità (“Signora, le sto mandando i 25 chili di filetto che ha ordinato”); dallo spunto basato sull’onomastica (“Pronto, casa Mussolini? Mi passi suo nonno Benito…” “Buonasera, il signor Fedele Mastronzo? Beato lei!” “Pronto, casa La Terza? Metti la quarta e vattene affanc…”) alla tenzone in rime baciate (“Pronto? Suca!”, “A me e al duca” “il duca non c’è più e me la suchi sempre tu!”).
Per quello che rammento io, il gioco raramente sconfinava nella molestia. Perché proprio di gioco si trattava, fondato su un soave principio infantile: stuzzicare, ridere, mettere giù, svanire, ritentare una sortita, sperando persino nella complicità dell’altro. Si seguivano regole ben precise, pena l’interruzione della linea. Erano bandite le minacce (e non solo perché la vittima avrebbe chiuso subito: mi piace pensare che si facesse ancora distinzione tra divertimento e violenza), si cercava di far durare la conversazione più a lungo possibile (il bello stava nello snodo imprevisto del plot, nello sviluppo inaspettato) e non si rincarava la dose quando a rispondere erano anziani e bambini. Forse idealizzo quella che in fondo era una cafonata, ma mi sento di affermare che lo scherzo telefonico, sul piano della fantasia, sta alle bravate su youtube come la radio sta alla televisione. La vittima aveva diritto di replica. Anzi, dava il “la” al divertimento, e non erano rari i casi in cui, prendendoci gusto, vi partecipasse. La si ascoltava, anziché – come su youtube – coprirla di insulti urlati, di farina, di uova marce, cazzotti, bottiglie molotov. Badando bene di essere sempre in primo piano sul videofonino o la telecamera.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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