Se Dio si incazza

Con un’entrata a gamba tesa sul tema della bioetica, il Vaticano afferma che la morte cerebrale non basta per sancire la fine della vita. L’editto, pubblicato sulle sacre tavole dell’Osservatore Romano, tradisce un’inclinazione, quasi un vizio: l’attaccamento ai valori terreni è più manifesto nei prelati (alti, altissimi) che, come invece sarebbe stato più scontato, nel gregge dei fedeli, delle pecorelle smarrite.
L’argomento non è da poco.
Spostare il confine tra la vita e la morte è compito arduo, da semidei (praticanti). C’è, in questo impeto sprecato in nome di Dio, una muscolarità molto politica. C’è l’inseguimento irreale di una preda che non bazzica quelle lande: gli esseri umani non si dividono in laici e religiosi, come fossero due razze, una eletta, l’altra succube. Chi caccia chi? Chi deve affermarsi su chi?
I tromboni del Vaticano che si fanno biologi, medici, filosofi, legislatori sono solo l’ombra deforme di un consesso che tende a espandersi per smania di conquista, per occupare senza godere, per comandare al posto di altri.
Dopo la morte cerebrale – qualcuno potrebbe sommessamente spiegarlo a quei porporati che non arrossiscono – c’è solo lo stato di decomposizione. Rimandare un espianto di organi a quando è troppo tardi – cioè a quando la carne marcisce e l’anima chissà – è un atto incivile.
Sono un cattolico non praticante, ma per quel che so del mio Dio ritengo che, alla prima seduta del Consiglio di amministrazione, si incazzerà parecchio. E, come sempre, quaggiù faranno finta di non sentirlo.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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