Certo

Da quando non ho più una dimora fissa, causa allontanamento forzoso da casa mia, vivo da un mio amico. Questo mio amico ha molte amiche. E dico subito che io non le guardo nemmeno.
Dormo su un divano che è stato il teatro di certe acrobazie del mio amico, ammalato di sesso come un attore famoso di cui ho letto giorni fa: e se lui non fa notizia è perché fa l’avvocato. Ma al tribunale circolano innumerevoli voci sulle sue prestazioni. Anche sulla sua dotazione modesta. Ora spero che almeno lui non scopra questo blog, costringendomi ad andare in albergo.
A questo proposito, con l’aiuto del corsivo, rivolgo un appello alla mia ex consorte (so che legge sempre queste pagine): tu sai chi è il mio amico, per favore non dirglielo che so che non è molto dotato. A che ci siamo, sempre per favore, puoi farmi avere le giacche invernali? Magari le mandi con Giusy. Anzi no… scusa… ok, ti chiamo domani.
Dov’ero arrivato? Ah, sì. Quando arrivano le donne, alcune anche interessanti, io indosso l’aria triste, esco e vado a mangiare da solo. Ciò fa di me “l’amico che soffre perché buttato fuori di casa”. Se volessi me le farei, ma per ora non mi va. Al ristorante spesso ascolto i discorsi dei miei vicini ed è per questo che sono giunto a una conclusione: certi uomini andrebbero soppressi da piccoli.
 Giusto ieri, accanto al mio tavolo, era seduta lei: bella donna, bionda, tiratissima. Una di quelle signore che fanno la messa in piega anche ai peli delle braccia. 
Lui meno bello, un po’ stempiato, occhiali blu a mezzo naso per leggere il menù. Riporto fedelmente il dialogo.
Lui: “Che vuoi? Ti piace il pesce al cartoccio o vuoi l’antipasto? Prenditelo l’antipasto che me ne mangio un po’ del tuo. Talè… 13 euro un poco di pesce spada e due gamberoni. Niente… talè, prenditi il primo. Ti piacciono gli spaghetti allo scoglio? Si, facciamo così, tu ti prendi gli spaghetti allo scoglio e io la ricciola”.
Lei in un impeto di autonomia cerebrale: “No! Io non voglio il primo, preferisco il secondo”
Lui: “Allora prenditi l’insalata di mare che costa 7 euro e io mi prendo la ricciola e te ne do un poco. Da bere prendiamo un bicchiere di vino e te ne prendi un poco da me? L’acqua la prendiamo piccola che poi resta sempre ed è veramente peccato lasciarla?
Lei: “Certo”.
Lui: “Insalata niente che ne abbiamo tanta nel frigo e poi si butta”
.
Lei: ”Certo”.
Ordinano. Poi lui si leva gli occhiali, rotea lo sguardo e, sempre rivolto all’ormai affranta moglie, dice: 
“Speriamo che non ci rapinano qui che mi pare un posto di rapine. Meno male che non abbiamo preso il vino. Ah, non ti ho detto… lo sai che oggi quell’analfabeta del mio collega è arrivato con i pantaloni tutti scuciti? Ma io dico, si può? Com’è possibile che sua moglie manco sappia cucire.
 Ma il pane… almeno il pane ce lo potevano portare. Il trucco in questi ristoranti è imbottirsi di pane così la fame passa”.
Lei: “Certo”.
Lui: “Comunque dicono che c’è la crisi ma qui non si vede, tutti i tavoli sono presi. Ma dov’è questa crisi? Al supermercato ci sono sempre persone con i carrelli pieni… Non è vero? ”.
Poi è arrivato il cameriere ed ha servito l’allegra coppia. Quando si è trovata davanti il piatto con pezzi di polipo freddo e smunto, la signora si è alzata, ha preso un coltello e girando velocemente alle spalle del marito l’ha infilzato ripetutamente. Mentre il sangue scorreva e il suo volto si trasformava in quello di una matta con i capelli biondi usciti dai solchi dei fermagli, ha afferrato la forchetta e gli ha cavato gli occhi. Lui è caduto sbattendo la testa e lei ha urlato:
 “Quanto costa questo pesce, ah? Quaaantooo! E quanto costa questo vino? Quaaantooo! E quanta insalata c’è nel frigorifero? Quaaantaaa!”. E via stilettate di tacco dieci nel torace dell’uomo rantolante.
Non è vero. Lei ha detto “Certo”.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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