La città bene

Ieri sera, chiacchierando con Raffaella Catalano, è venuto fuori uno spunto interessante. Che vi propongo.
Sempre più spesso il condimento di una notizia che riguarda una retata per spaccio di droga (o per sfruttamento della prostituzione) sta tutto in un avverbio in funzione di aggettivo invariabile: bene. “Blitz contro i pusher della Palermo bene”, “Fiumi di cocaina alla Palermo bene”, titolavano ieri, giornali , tg e siti web. L’operazione in questione ha coinvolto una serie di malandrini che operavano in un quartiere per giunta popolare e che rifornivano di droga chiunque avesse moneta sonante. Ci sarà stato pure qualche professionista tra i clienti, ma non è stato registrato alcun contratto di esclusiva.
E poi, chiediamocelo, qual è la parte bene di una città? Quella che produce: per esempio commercianti, artigiani, piccoli imprenditori. Quella che gode: per esempio neo mamme, buongustai, appassionati di arte, sportivi. Quella che pensa: per esempio scrittori, appassionati di yoga, qualche prete illuminato e in generale tutte le persone curiose. Come si vede, la categoria “bene” è tutt’altro rispetto al censo, come invece le notizie trattate alla maniera di cui sopra vorrebbero mandare a dire.
Diciamola tutta: questo vizietto dell’informazione è indotto. Infatti gli uffici stampa delle varie ramificazioni delle forze dell’ordine sanno che senza quel famoso avverbio (in funz. di agg. inv.) otterrebbero uno spazio minore sulla stampa. Una retata nel quartiere della Zisa perde appeal giornalistico già a Brancaccio, figuriamoci fuori città. Ampliando malignamente il ragionamento, potremmo arrivare a ipotizzare una gradualità toponomastica del reato: vendere eroina nelle strade del centro è più grave che farlo nei quartieri dormitorio.
In realtà – ma è solo la mia opinione – non esiste alcuna Palermo (Milano, Roma, Cuneo, Calatafimi, eccetera) bene, esistono cittadini che vivono bene: quindi che producono, godono, pensano. E solitamente questi non delinquono perché hanno molto di meglio da fare.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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