Alitalia è sull’orlo del fallimento. Le trattative tra l’unico gruppo disposto ad aprire (seppur di poco) la borsa per l’acquisto e i sindacati si sono frantumate. Ora si spera in un miracolo della politica per salvare un’azienda amministrata male che rischia di finire come ogni azienda amministrata male meriterebbe. Appare surreale la posizione della Uil che è orgogliosa di non aver partecipato al summit: il suo leader Angeletti rivendica il ruolo di chi aveva visto giusto. Visto cosa? Lo scenario dello sfacelo? La banda Bassotti con la cassaforte? O l’unica offerta che tempo e tasche imponevano di considerare?
Ci sono in questo sindacalese del “noi l’avevamo previsto” (previsto cosa?) tutta la ruggine di un sindacato stantio, l’incrostazione che blocca gli ingranaggi della logica, l’arroccarsi su posizioni costruite a tavolino (un tavolino molto antico e traballante) che rischiano di mandare a picco l’azienda Italia. Perché – diciamocelo chiaramente – non è solo Berlusconi il nemico di un’economia moderna, coerente e patriotticamente equa.