C’era una notizia molto importante su alcuni giornali di ieri. Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, in una lezione ai giornalisti praticanti della scuola universitaria Mario Francese ha attaccato due giornalisti di Repubblica, Alessandra Ziniti e Francesco Viviano, per aver pubblicato in anteprima il contenuto del libro mastro del boss Salvatore Lo Piccolo. Il procuratore, non contento di aver messo sotto inchiesta i due cronisti addirittura per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, li ha definiti “apprendisti stregoni” per il loro supposto intento di stimolare una rivolta civile contro il racket delle estorsioni.
Non dovrebbe sfuggire la pericolosità su più fronti di tale ragionamento.
Primo, credere a un giornalismo che chiede il permesso di pubblicare le notizie significa rimpiangere per lo meno la Pravda degli anni Settanta.
Secondo, accusare di contiguità con la mafia Repubblica e i suoi giornalisti – piacciano o non piacciano Repubblica e i suoi giornalisti – è un’enormità che neanche Berlusconi finora aveva accarezzato col pensiero.
Terzo, una simile lezioni a una platea di giovani aspiranti cronisti è – a mio modesto parere – educativa quanto dieci gocce di Tavor a un neonato.
Quarto, parlare in questo modo in una scuola intitolata a un eroe (anche se purtroppo dimenticato) che ha sacrificato la sua vita proprio per un’informazione libera e coraggiosa richiede almeno delle scuse pubbliche.
Ammiro il lavoro che svolge la Procura di Palermo e sono molto felice per i risultati che ha conseguito contro la mafia e il malaffare. Ciò però non costituisce un lasciapassare per le stupidaggini che singoli magistrati possono dire e\o fare. Se il procuratore Messineo ritiene che certe fughe di notizie danneggino il lavoro dei suoi sostituti, non abbia la presunzione di impartire lezioni di un mestiere che non è il suo. Semplicemente avvii un’indagine all’interno dei suoi uffici, indaghi i suoi pm, perquisisca le case di carabinieri e poliziotti che lavorano con loro, intercetti le telefonate che partono dal palazzo di giustizia. Pensi al segreto professionale dei giornalisti, che è garanzia assoluta innanzitutto dei lettori. Pensi al dovere di riservatezza della sua categoria, che è garanzia assoluta innanzitutto degli indagati. E non provi a calpestare il diritto costituzionale della libertà di stampa.
Non è alzando la voce e facendo valere il proprio potere coercitivo che si insegna e si riscuote il rispetto. Questa è la lezione più importante che dovrebbe essere impartita a quegli apprendisti giornalisti.
OT Per qualche giorno faccio un pit stop. Il tempo di gonfiare le gomme, rabboccare l’olio del motore, fare il pieno di carburante… Alla prossima settimana.