Sono tentato di scrivere qualcosa di profondamente impopolare tra i frequentatori di questo blog. E siccome ho imparato che cedere alla tentazione è una ginnastica fondamentale per la psiche (e non solo), mi butto.
Un nome: Berlusconi.
Un fatto: Berlusconi assolto dalla Cassazione.
Un ambito: il processo Sme.
Il leader dell’opposizione esce pulito da una grave vicenda giudiziaria. E – siamo all’impopolarità – ritengo che sia una buona notizia. Non siamo stati talmente fessi da farci governare da un corruttore di giudici. Il nostro avversario politico lo battiamo nei seggi delle scuole, non nelle caserme della Finanza. Ci sono giudici, che pur essendo “mentalmente disturbati”, emettono sentenze ponderate.
Ci sono altri argomenti per parlare male dell’ex premier, ma in uno stato di diritto le sentenze devono lasciare il segno. E se – come chi scrive – si è garantisti per indole e non per riflesso politico non si può non tenere conto che esiste un livello di giudizio dinanzi al quale la chiacchiera, l’antipatia e persino il libero convincimento personale devono fare un passo indietro.
Non so se sia stato fatto un uso politico della giustizia, capisco solo che l’inchiesta primordiale non aveva il peso per portare a una condanna: e questo non mi sembra uno scandalo. In un sistema giudiziario ordinario ci sono due parti che si scontrano, quella che apporta gli argomenti più vicini alla verità ha la meglio: consideriamolo come un assioma, altrimenti saremo sempre barche in balia del vento. Mi fa sorridere l’uscita di uno dei difensori di Berlusconi, l’avvocato Pecorella: “E ora chiedetegli scusa”. In un Paese normale bisognerebbe sì chiedergli scusa, ma per un motivo che l’avvocato-consigliori non ha menzionato: un processo – contro Berlusconi o contro Berluschino – non può durare dodici anni.