L’articolo pubblicato su Repubblica.
Il collaboratore di giustizia Pasquale Di Filippo ha ragione a indignarsi a causa della serie tv “Il cacciatore” che lo ha svelato agli occhi della figlia quattordicenne come killer spietato di mafia. Evidentemente a casa non hanno un computer o uno smartphone e nessuno si è mai sognato, prima di quella sciagurata fiction, di digitare il nome del capofamiglia: forse la località segreta è talmente segreta da non essere più manco località. Di Filippo ha intenzione di far causa alla Rai che gli ha accollato qualche crimine di troppo: può accadere di sbagliare quando si ha a che fare con grandi quantità, ma per questo esiste la legge ordinaria. Ciò che invece resta ai margini della vicenda sono due dubbi. Perché l’incolpevole ragazza non è stata preparata per tempo a una realtà complicata? E soprattutto com’è che non è stato ancora trovato un modo per premiare il “pentito” del “prezzo altissimo pagato per contribuire a fare giustizia”? Evidentemente scontare solo dieci anni per quattro omicidi non è stato abbastanza. Insomma ci vuole una serie tv ad hoc: Very Stranger Things.