Lo spunto me lo ha dato Francesco Massaro che l’altro giorno ha twittato: “Passiamo la vita a chiedere la password del wi-fi”. Sono reduce da un bel periodo di vacanza in giro per l’Europa e so bene quanto sia importante un buon collegamento internet per chi come il sottoscritto (e come mia moglie) fa un mestiere che sta in bilico sulla rete. Quindi è vero, spesso un buon wi-fi è per noi un elemento determinante nella scelta di un albergo o in genere di una località turistica, perché noi non conosciamo le ferie come normali lavoratori dipendenti. Noi ce le spalmiamo su 365 giorni senza che nessuno ce le debba mai concedere.
Però, occhio a non esagerare.
Il livello di contaminazione telematica delle nostre esistenze è talmente alto da farci perdere il controllo del tempo libero, che va invece custodito, sorvegliato e protetto come se fosse un tesoro personale. Quindi sì al wi-fi, ma solo se ampiamente giustificato.
La potenza del lavoro tecnologicamente delocalizzato è direttamente proporzionale al disagio di chi non sa darsi orari e scadenze per completare un’opera. Il segreto di una buona gestione delle risorse personali sta nel fare in modo che nessuno sia mai indotto a chiederti: scusa, ma dove ti trovi adesso?
Nel mio piccolo ho scritto da ogni parte del mondo, in ogni stagione e agli orari più impensabili. Ho digitato di politica in riva al mare e di criminalità ammirando un tramonto sulle alpi francesi. Spesso diPalermo ha suonato un magico accordo le cui note provenivano, in quel momento, da Paesi diversi: ergo, io, Giuseppe Giglio e Francesco eravamo altrove, ma nessuno se ne accorgeva.
Ecco perché mi ha colpito quella frase. Perché è vera e perché dà il senso dei tempi che cambiano. Ai tempi che cambiano.