Per cercare di spiegare la mia idea del Natale devo richiamare la vostra attenzione sull’altruismo efficace, che è una teoria (con un certo seguito) elaborata intorno al 2009 da quello che allora era uno studente di filosofia a Oxford, William MacAskill. L’altruismo efficace si basa sull’idea di usare metodi scientifici per determinare il miglior modo di fare del bene e sostiene che a livello etico e politico il lontano futuro dovrebbe essere considerato importante quanto il presente. La teoria, negli ultimi tempi, è stata promossa da alcune tra le persone più facoltose del pianeta, tra cui Elon Musk.
La principale critica, mossa in prevalenza da quella che un tempo chiamavamo sinistra e oggi chiamiamo tipo “boh progressista” è che l’altruismo efficace è vantaggioso per i ricchi, secondo i quali ad esempio non dovremmo tassare i loro patrimoni in continua espansione anche se le disuguaglianze assediano il mondo e cresce sempre più il numero di chi non riesce ad avere un pasto garantito al giorno.
In pratica i promulgatori dell’altruismo efficace sostengono che i ricchi devono conservare le loro fortune, possibilmente intoccate, in modo da poterne donare una parte a organizzazioni benefiche e da poter produrre nuovi posti di lavoro.
Il motivo delle righe che avete appena letto sta nel fatto che questo 2022 è stato per me un anno complicato proprio sul fronte del rapporto con gli altri. Dopo la pandemia non mi sono dato alla pazza gioia, sono rimasto abbastanza raccolto tra le mie cose, ma mi sono anche interrogato su come potevo far godere chi è meno fortunato di almeno un minimo della luce nella quale, in solitaria, mi ero ritrovato.
Ho intensificato i miei progetti di beneficenza, ho cercato di aprirmi ai giovani per dar loro nuove occasioni creative, ho sposato un paio di linee guida che qui riassumo brevemente.
1) Dare a chi non ha (e io non sono ricco!), sempre e quanto più possibile.
2) Uscire dalla logica dell’aiuto saggio e lungimirante. Si vive anche di cose provvisorie e superflue e non è detto che a un affamato faccia più piacere un tozzo di pane rispetto a un bicchiere di vino.
Così ho coltivato l’altruismo efficace dal mio punto di vista cioè dal presente, senza curarmi della prospettiva. Far godere ora e adesso chi non ha la nostra fortuna.
Tutto è andato bene sino a quando non mi sono misurato con la crudezza della realtà, perché quando facciamo volontariato e/o beneficenza in qualche modo tentiamo di immergerci in un mondo parallelo. Un mondo in cui ci laviamo delle nostre insulsaggini, in cui cerchiamo un’assoluzione tardiva per qualcosa, in cui inseguiamo la rivincita nei confronti di un senso di colpa, in cui siamo noi ma non siamo noi, siamo quelli che volevamo essere e che non abbiamo avuto il fegato di diventare.
L’altruismo è la forma più sublime di egoismo poiché ci dà l’opportunità di fingerci migliori.
Ma poi accade l’impensabile più scontato, l’imprevisto più annunciato.
Che la persona alla quale hai voluto regalare il tuo aiuto, ovviamente in modo anonimo, cessi di vivere. A tradimento, almeno per te che ti eri illuso di essere finalmente utile per qualcosa e qualcuno che vada oltre il tuo orizzonte perbene e ovattato.
E ti disperi perché ti dici che l’altruismo è benedetto da dio, è forza, è ragione, è yoga dell’anima, è convenienza sociale, è purga dei cattivi pensieri, è il tuo futuro.
Non può finire così, ti dici. Non mi togliete la soddisfazione di fingermi migliore.
Ecco, a questo penso per Natale. Il mio altruismo efficace è tutto rivolto a una persona che non ho mai conosciuto, ma alla quale ho affidato tutte le mie possibilità di riscatto. Una persona che ora non c’è più e che non saprà mai quante cose superflue sarei stato felice di elargire, quanta vita le avrei rubato (a dispetto dei paradossi della medicina e della scienza più inoppugnabile).
Le cose cambiano, ancor di più per queste feste giacché come si dice non c’è nulla di più triste in questo mondo che svegliarsi la mattina di Natale e non essere un bambino.
P.S.
Quando ho scritto questo post non ero sicuro di volerlo pubblicare. Se lo state leggendo vuol dire che il direttore del mio “ufficio sensi di colpa” ha schiacciato il tasto invio per i fatti suoi. E in questi casi comanda lui.
Buon Natale.