L’articolo pubblicato sul Foglio lo scorso fine settimana.
Secondo una battuta che circola negli Stati Uniti, ormai per farsi finanziare un qualsiasi progetto dal governo basta aggiungere la parola cyber al titolo del progetto stesso. Il motivo è semplice: quando si parla di rischi legati alla tecnologia, e più in generale di criminalità informatica, pochi conoscono esattamente qual è l’effettivo “campo di gioco” con le sue regole e i suoi trucchi.
La gran parte delle agenzie di intelligence soffiano sul fuoco del pericolo imminente probabilmente perché devono in qualche modo attestare la propria esistenza in vita (con relativi costi). Inoltre è sempre forte l’eco di quella che il ricercatore di Harvard Ben Buchanan chiama la “leggenda della sofisticazione”: ogni attacco viene descritto sui giornali come estremamente sofisticato, quando spesso non lo è affatto e si è propagato solo per l’inefficienza delle infrastrutture informatiche.
Insomma, il vero problema in tempi così drammaticamente moderni è la diffusione dell’analfabetismo digitale. Da un’inchiesta del New Yorker emerge un dato su tutti: fino a qualche anno fa gran parte dei giudici della Corte Suprema degli Usa, il massimo organo giudiziario del Paese chiamato a dirimere anche questioni di tecnologia, non aveva mai usato la posta elettronica.