Per quanto tempo è per sempre?

insiemeCome i lettori più affezionati (nonché pazienti) sanno, sono affascinato dallo scorrere del tempo. I maligni dicono ossessionato, ma va bene così. Diciamo che sono particolarmente attento al divenire e alle tappe del cambiamento. Da un lato mi piace che le cose cambino, dall’altro mi fa incazzare che cambino senza chiedere permesso.
A questo penso in questi giorni, in prossimità sempre più cruciale di vari eventi personali (compleanni, ricorrenze affettive, dieci anni di questo blog, eccetera). E ci penso cercando di darmi una regola, un minimo manuale interiore che mi tenga lontano dal trappolone della nostalgia del cinquantenne ex capellone, ex atleta, ex rockettaro, ex giovane insomma.
Probabilmente rimarrò prigioniero di una logica costruita ad hoc, come un abito sartoriale che inguaina e non nasconde, oppure chissà mi scoprirò piacevolmente ingenuo a coltivare nuove speranze, perché le speranze vanno curate come piante delicate, salvo dimenticarsi che con qualunque cosa le nutriate, vanno per i fatti loro (tipo la vite americana che mi regalò mia madre per il balcone e che sparava i suoi tralci in tutte le direzioni tranne che sul balcone stesso). Di certo starò attento a festeggiare il festeggiabile poiché non c’è mai un motivo per non brindare a una sopravvivenza. Che sia di una cosa o di una persona poco importa, sono per le torte di non compleanno e per quel genio di Lewis Carroll che fa chiedere ad Alice “per quanto tempo è per sempre?” e che fa rispondere il Bianconiglio “a volte, solo un secondo”.

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