I disegni del destino

Certe volte penso che ci sia un disegno del destino per farci sorprendere, incazzare, per incrinare le nostre certezze.
Lega e Forza Italia sono improvvisamente contro il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan, alla faccia del filoamericanismo e della sbandierata esigenza di continuità della nostra politica estera.
Fausto Bertinotti viene contestato alla Sapienza di Roma dall’ultrasinistra di cui lui fino all’altroieri era un modello. Gli urlano “guerrafondaio e buffone”, lui risponde “buffone sei tu”.
Al processo d’appello per il mistero di Cogne, la pubblica accusa dice che ad uccidere Samuele è stata la madre, Annamaria Franzoni. L’arma del delitto? Un mestolo. Il motivo? Un castigo. Per il pg la donna avrebbe già confessato, ma nessuno se n’è accorto. Certe volte penso che sia il destino a propinarci questa male assortita macedonia. Poi mi ricordo dell’imbecillità umana e torno coi piedi per terra.

Trappole della natura

Nel Comasco un padre ha preso a sberle cinque ragazzini che, qualche mese fa, avevano filmato con un telefonino sua figlia, dodicenne, durante un rapporto orale con un coetaneo. Detta così sembra una di quelle storielle che si avvitano nell’inverosimile parola dopo parola, tipo: un muto dice a un sordo che c’è un cieco che li sta spiando. Invece è una vicenda talmente cruda da poter risultare indigesta. Poco importa se – secondo la difesa dei giovani – la ragazzina era consenziente: a dodici anni, specie nel fiorire delle grazie fisiche, si possono avere disorientamenti e incertezze, sono le trappole della natura. Cosa passa nella testa di un padre la cui figlia è rimasta imbrigliata in una simile tela non lo so. Ritengo che tutto sommato abbia reagito secondo una logica non condivisibile ma comprensibile: ceffoni a raffica. Sono le trappole della natura.

Sondaggio

A maggio ci sarà un’importante tornata elettorale. Si vota per il nuovo sindaco a Palermo e in oltre mille comuni italiani. Chi vive in queste realtà sarà già soffocato da manifesti, spot televisivi, siti internet che vengono fuori come funghi, volantini, inviti, telefonate da sedicenti amici e via dicendo. Non voglio entrare nel merito degli schieramenti, ma vi chiedo soltanto di scegliere quale slogan consigliereste al vostro candidato sindaco. Ovviamente il sondaggio non ha pretese di obiettività. Serve, forse, solo a farci sentire civicamente un po’ più importanti.

Gli altri no

Il nuovo demonio italiano, ancora abbronzato nonostante il sole a scacchi, ci fa sapere che in carcere ha imparato a vivere. Fabrizio Corona, dipinto dai magistrati come il fotografo ricattatore dei vip, incarna in questo momento tutto il peggio – e quindi tutto ciò di cui ci piace sentir parlare – della vita italiana. Ovviamente si tratta di un ruolo eccessivo e ingiusto dettato da esigenze di cronaca: i mezzi di comunicazione hanno sempre necessità di creare nuovi fenomeni, che siano criminali, sportivi, sociali o culturali.
Corona però avrebbe un’occasione preziosa per cercar di far valere le sue ragioni (fragili?) e contemporaneamente mettere in mora (nessun doppio senso, giuro) il sistema mediatico che lo sta demolendo cellula per cellula: dovrebbe mostrarsi umano, spogliarsi di una vacua teatralità e non sognarsi nemmeno di travestirsi da maitre à penser. Invece dal penitenziario di Potenza fa sapere che le sue memorie diventeranno probabilmente un libro e dichiara che “il carcere è una prova che quasi quasi dovrebbero fare tutti”. Sul progetto editoriale non mi pronuncio: ci sono editori che pagherebbero soldoni per una pagina di astine vergata da un personaggio così in vista, al momento.
Sull’esperienza della detenzione ho qualcosa da aggiungere al verbo coroniano: il carcere è un esperienza che dovrebbero fare tutti i delinquenti, tutti quelli che se ne infischiano delle leggi, tutti quelli che lucrano alle spalle dei poveracci, tutti i violenti e gli imbroglioni soddisfatti.
Gli altri no.

Il caso Sircana ha rotto

Come tutte le fissazioni stagionali dei media, il caso Sircana ha rotto le scatole. Osservate la singolare parabola degli eventi: all’inizio della vicenda Vallettopoli nessuno parlava di queste foto compromettenti; poi un paio di cronisti del Giornale hanno percepito la puzza di una notiziaccia; contemporaneamente la notizia girava negli ambienti parlamentari e nei postriboli giornalistici; seguivano smentite politiche e dell’interessato; le foto non ci sono; cazzate, le foto ci sono; le foto ci sono ma non si pubblicano; Sircana dice che non gliene frega niente e che si possono pubblicare; le foto vengono pubblicate; i guru del giornalismo tranquillizzano che “in fondo non c’è nulla di scandaloso”; gli stessi guru riprendono a imbastire trasmissioni televisive e speciali giornalistici sull’argomento; la sfera privata non si tocca, dice il garante; nessun provvedimento disciplinare risulta intrapreso ad oggi; si ricomincia a parlare di queste foto dicendo che bisogna finirla; se ne parla perché non è finita.
Non entro nel merito degli scatti (in uno si vede l’auto del portavoce del governo Prodi accostata al marciapiede sul quale un transessuale espone la propria merce), ma mi preme dire una cosa sul metodo adottato dal paparazzo: pedinare una persona non c’entra nulla con la libertà di stampa.

Nulla di insipido

Ricevo una mail da Lorenzo Matassa. L’argomento è curioso, merita un post.

“Si fa presto a parlare di sale…
Ma sapete quante incredibili varietà nasconde la parola?
C’è il sale di Murray River, tenero color albicocca.
C’è il sale dell’Isola di Molokay, nero come la pece.
C’è il cristallo di Alea, prezioso per il Sushi.
C’è quello di Cervia che si sgranocchia con il cioccolato di Grenada e che rende il dolce più amarostico.
C’è il sale chiamato Diamante del Cashmere, raro salgemma tratto in alta quota himalayana.
C’è il grigio di Guérande, detto caviale del mare, perché contenendo ottanta minerali in un solo granello, trasforma ogni opera culinaria in qualcosa di raro ed insuperabilmente gustoso.
C’è il British di Maldon, che ha scaglie sottilissime a forma di piramide, preferito dalla Regina d’Inghilterra.
C’è quello hawaiano, fiocchi impalpabili di arancio intenso ricordano l’aroma degli atolli battuti dal vento.
C’è il Salty Cup che con peperone, cetriolo e popodorino frullati crea il cocktail famoso in tutto il mondo.
C’è il sale dell’Isola di Agoni, vicino Okinawa, reso celebre dal racconto di Koshin Odo, filtrato dall’acqua attraverso quindicimila rami di bambù durante la luna piena.
C’è il sale Rio Formosa dell’Algarve, setacciato grano dopo grano a mani nude.
C’è il Maras peruviano, raggranellato sulle Ande a 3.000 metri d’altitudine.
Ma se si va ancora più in alto si troverà il Mirror della Bolivia, raccolto a circa 3.700 metri (attenzione, usatelo con accortezza perché ha effetti molto simili alla pianta che, in quelle altitudini, crea l’ebbrezza psicotropa…)
C’è il Fleur de Sel Chardonnay della California che viene affumicato con la legna delle botti del vino.
Ma se essiccato con il legno d’olmo rosso diventa un altro sale che volgarmente è chiamato Pacific Salt.
Il Viking Salt è, invece, essiccato con il pino norvegese.
C’è il Mothya, che non vi dirò da dove viene…
Vi auguro che la vostra vita non sia mai insipida.”
Mi associo.

I simboli che servono

C’è un mormorio che cresce dopo la liberazione del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo. In sostanza, passata la paura, c’è chi esprime il seguente dubbio: perché per lui si è scesi in piazza, si sono raccolte firme, si è andati alla mobilitazione generale e per altri connazionali in analoghi guai ciò non è accaduto?
E’ un’ antica questione, quella delle vittime di serie A e di serie B. E non credo che sia un fenomeno prettamente italiano. C’entrano la visibilità dei personaggi, il loro essere (anche inconsapevolmente) simboli, la platea di cui la politica necessita, le eterne ingiustizie della vita.
Non c’è assolutamente da lamentarsi se nel nome di un reporter rapito dai talebani, che non sono proprio la Banda Bassotti, si muove una gigantesca macchina di solidarietà. A tutti piacerebbe che lo stesso impegno e la medesima sensibilità comune fossero manifesti per ogni italiano in grave difficoltà (leggasi rapimento, detenzione illegittima, cruenta impossibilità di rimpatrio e via dicendo), ma sarebbe come certificare che tutti gli uomini pesano socialmente alla stessa maniera. Il che, come sappiamo, non è vero. E’ naturale eleggere simboli in un mondo che ha bisogno di simboli per riconoscersi. E’ l’unico modo che ci resta per riempire le piazze nel segno di qualcosa di sensato e utile.

Divieti minuscoli

Due provvedimenti di divieto in Italia catalizzano polemiche in questi giorni. L’Agenzia per le Comunicazioni (non so perché ma già il nome dell’ente mi fa rabbrividire) ha vietato il porno in tv anche nelle ore notturne. L’Autorità Garante per la Privacy (oggi maiuscoli per tutti) ha vietato la diffusione di notizie non essenziali sulla vita sessuale. In teoria sarebbe difficile tirare fuori dal cilindro una critica all’essenza dei provvedimenti che tendono a rinforzare alcune norme già esistenti. Ma l’inghippo tipicamente italico si vede subito. In entrambi i casi infatti si rimanda a non meglio identificati poteri discrezionali. Traducendo: c’è un divieto ma c’è anche chi per autorità può farlo cadere in particolari occasioni. Nel Paese degli occhiali con le lenti di mortadella e dei burini che se la toccano con la pinzetta il pericolo di un’ondata censoria o, ancor peggio, corrotta cresce al livello massimo. Non siamo popolazioni da provvedimenti flessibili, innanzitutto per le classi politiche che abbiamo espresso: siamo scolaretti furbi che quando la maestra va in bagno si annegano di razzetti e palline di carta. Non ci servono Agenzie e Garanti Maiuscoli, ma solo sani divieti minuscoli e uguali per tutti.

Benzina

Ho perso il conto di quanto costa un litro di benzina in Italia. So soltanto che ogni volta che vado a fare il pieno è un salasso. E non so con chi prendermela.
Da un lato un dossier elaborato dai tecnici del sottosegretario Alfiero Grandi ha sostenuto che nel settore della distribuzione dei carburanti manca la concorrenza; che i prezzi della benzina e del gasolio sono inspiegabilmente più alti a confronto con la media europea; che il peso del fisco non è per nulla superiore rispetto ad altri Paesi simili al nostro come la Francia e la Germania. Insomma colpa delle compagnie petrolifere.
Dall’altro il Codacons ha diffuso cifre interessanti sul fronte delle tasse. Ecco, nello specifico, cosa paghiamo per ogni litro di benzina.

  • 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935;
  • 14 lire per la crisi di Suez del 1956;
  • 10 lire per il disastro del Vajont del 1963;
  • 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966;
  • 10 lire per il terremoto del Belice del 1968;
  • 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976;
  • 75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980;
  • 205 lire per la missione in Libano del 1983;
  • 22 lire per la missione in Bosnia del 1996;
  • 2,15 centesimi di euro nel 2001 per il ripristino delle 50 lire tolte dal governo precedente che servivano a calmierare il prezzo del carburante;
  • 1,6 centesimi di euro nel 2004 per il contratto degli autoferrotranvieri;
  • 0,5 centesimi di euro nel 2005 per acquisto autobus ecologici.

Con chi prendermela? Un’idea però mi è venuta…

Qualcosa di leggero

Un tema leggero, quello delle storielle che girano nel web. Sono sempre stato un gran divoratore di stupidaggini, lo dico senza vergogna. Però sono sempre pronto a dire che non ci credo, che certe cose lasciano il tempo che trovano, che se la fonte non è controllabile la notizia vacilla, che sono tutte minchiate…
Insomma sono un curioso fifone!
Piuttosto, che ne pensate di queste “leggi realmente in vigore”? Molti di voi ne avranno sentito parlare, io ho aggiunto soltanto i titoli.
Buona domenica
In Scozia (nella contea di York) è perfettamente legale colpire uno scozzese con una freccia, tranne la domenica.
Provetta d’onore
In Paraguay chiunque abbia la necessità di sfidare a duello un suo rivale può farlo: in questo paese la “singolar tenzone” è pratica corrente. Ma la facoltà è concessa solo se si è donatori di sangue.
Il minimo garantito
In Giordania una coppia di sposi deve concedersi un rapporto sessuale almeno una volta ogni quattro mesi.
Bella porcona!
In Libano gli uomini possono per legge avere rapporti sessuali con animali, purché si tratti di femmine. Avere rapporti sessuali con un animale maschio è un reato punibile con la morte.
L’antiappannante è di Stato
Nel Bahrein, la legge consente a un medico di sesso maschile di fare una visita ginecologica a una donna, ma non di guardare direttamente i suoi genitali. Può soltanto vederli riflessi in uno specchio.
Sotto il mattone
Ai musulmani è proibito guardare i genitali di un cadavere, e questo vale anche per gli impresari di pompe funebri; gli organi sessuali dei defunti devono sempre restare coperti da un mattone o un pezzo di legno per tutto il tempo.
Meglio la cecità?
In Indonesia la masturbazione viene punita col taglio della testa.
Un duro lavoro
A Guam ci sono uomini il cui lavoro a tempo pieno consiste nel girare per le campagne e deflorare giovani vergini che pagano per il privilegio di stare con un uomo per la prima volta. Il motivo: la legge dell’isola stabilisce a chiare lettere che una donna vergine non può sposarsi.
Odiose disparità
A Hong Kong una moglie tradita può uccidere il marito adultero, la legge glielo consente; ma può farlo solo a mani nude. Mentre può uccidere come più le aggrada l’amante del marito.
Il boom degli acquari
A Liverpool la legge ammette commesse in topless, ma solo nei negozi di pesci tropicali.
Mamma, vado bene così?
A Cali, in Colombia, una donna può avere rapporti sessuali soltanto col marito e la prima volta che ciò accade nella stanza deve essere presente anche la madre di lei.
In separata sede
A Santa Cruz, in Bolivia, un uomo non può avere rapporti sessuali con una donna e con la figlia di lei contemporaneamente.