Conosco affetti stabili che lo sono per una schiera di affetti che forse colpevolmente ignorano di esserlo. E affetti provvisori che puntellano esistenze più di ogni legame convenzionale. La stabilità, come valore consolidato rassicurante, è il cavallo facile su cui puntare quando le cose vanno a rotoli. È l’appello di chi non rischia o ha paura di mettersi in gioco se la rete sotto il suo trapezio è sfilacciata. C’è un mondo che l’università del web non ha mai avuto il coraggio di raccontare, quello di chi ha inventato, di chi ha approfondito, di chi ha scoperto nuotando contro la corrente della stabilità. Del resto ce lo insegna la fisica che non c’è flusso se non c’è instabilità, se non c’è quella meravigliosa fonte di ispirazione artistica che è la differenza o, se preferite, la diversità.
Oggi si riconoscono per decreto (e si esibiscono) gli affetti stabili come un lasciapassare. Dove vai? Affetto stabile, zitto e vaffanculo.
In un mondo raddrizzato forse ci riconnetteremo con la meravigliosa anarchia dispari della natura che seleziona l’incrocio insolito, che premia il collo più lungo del curioso (instabile per antonomasia), che ci racconta una storia dove l’affetto non è in antitesi col tradimento, perché il tradimento è degli uomini, degli uomini miserabili. Che si nascondono dietro una tautologia – affetto stabile è tipo giovane ragazzo a ben pensarci – per regolamentare, causa pandemia, una ipocrisia che finirà sui libri di storia anziché, come dovrebbe essere, sui trattati di psicologia.