L’articolo di domenica scorsa su Repubblica Palermo.
Oggi sono troll, haters e complottisti. Ma sino a qualche tempo fa, quando l’indice di gradimento non era una pressione sul mouse e i sentimenti si esprimevano con la faccia e non con le faccine, erano tre categorie determinanti nello scacchiere sociale delle comitive di adolescenti: c’era il presuntuoso, c’era l’odiatore e c’era il disadattato.
Il presuntuoso era quello che durante il gioco del bastone si rifiutava di cedere il passo quando toccava a te ballare con la tipa carina, quello che se tu dicevi che il migliore calzone fritto si mangiava al bar Lido di Mondello rilanciava con la ravazzata della Romanella, quello che nel tardo pomeriggio invernale, quando tu te n’eri fregato di fare i compiti, arrivava dichiarando di essere preparatissimo per l’interrogazione dell’indomani facendoti precipitare nel buio della depressione.
L’odiatore era generalmente armato di bomboletta di vernice e di notte scriveva sui muri ciò che non aveva il coraggio di dire alla luce del sole. Era un solitario e non per scelta: vestiva male, si lavava poco e quasi godeva nel garantirsi la pena dell’isolamento. Se mai fosse stato accettato dal gruppo, avrebbe smesso di macinare frustrazioni, il che gli avrebbe procurato la noia di rendersi accettabile e di doversi uniformare alle regole del vivere civile (quindi senza vernice spray).
Il disadattato era invece quello che alla festa delle medie sedeva in disparte non per provare l’effetto Ecce Bombo (“mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”), ma perché riteneva che ci fosse una congiura dei primi banchi contro di lui: era arrivato in ritardo il primo giorno di scuola e aveva trovato posto nel banco a solo di fianco alla cattedra. Non era un asino, ma credeva agli asini (volanti). Era quello che del film “La febbre del sabato sera” ricordava tutto della bravata sul Ponte di Verrazzano e nulla della discoteca “2001 Odissey”.
Il presuntuoso, l’odiatore e il disadattato erano comunque categorie destinate a riscuotere sentimenti genuini: il primo al limite lo si poteva ammirare per forza di propulsione delle sue idee, al contrario del suo omologo attuale, il troll; l’odiatore per via della sua rozzezza non aveva – quasi ontologicamente – il seguito dell’hater; il disadattato non avrebbe mai potuto mettere in discussione la liceità dei vaccini.