Io me lo ricordo quando sono invecchiato. Era mattina e stavo facendo la doccia. Mi insaponavo e come al solito facevo una piccola contorsione, quasi rituale, per raggiungere ogni centimetro quadrato del mio corpo (pignolerie da Doc). Quel giorno, per la prima volta nella mia vita, fui costretto ad appoggiarmi per compiere il movimento. Un appoggio leggerissimo, un soffio di equilibrio, eppure cruciale per gli anni a seguire.
Non ero più giovane. Di colpo.
Non so se per voi è stato così, ma per me è stata una virata rapidissima. Da allora molte cose sono cambiate, nonostante mi ostini ad aggrapparmi a certe abitudini (sportive innanzitutto). Guardo il mondo da un’altra prospettiva, che non significa maturare pessimismo, anzi. Osservo molto di più i giovani e cerco di immedesimarmi in loro quando vorrei criticarli. Rispetto di più gli anziani e mi innervosisco di meno davanti alle loro esitazioni.
Oltre a leggere, adesso rileggo molto. E non è nostalgia, ma recupero di quei dettagli che nella foga mi ero perso.
Il problema è che non riesco ancora a essere particolarmente clemente con me stesso quando mi accorgo di non avere più la falcata di una volta, quando mi scopro ad apprezzare più la lentezza che la velocità, quando mi rendo conto che tutto decade tranne i difetti.
Provo disperatamente ad allargare i cordoni della pazienza sapendo che ne chiedo sempre di più.
Tutto questo per colpa di una doccia.
Come ti capisco!