Il grande programmatore Alan Kay era solito dire che “il modo migliore di prevedere il futuro è inventarselo”. Solo che lo diceva negli anni Settanta quando c’era davvero fame di futuro. Oggi, con un presente di precariato collettivo e un passato di punti interrogativi, il vero problema è questo: se al futuro non ci crede più nessuno, chi dovrebbe mai investirci?
Il lato positivo della monumentale biografia di Steve Jobs, firmata da Walter Isaacson, che sto leggendo solo adesso (mi piace diluire il tempo quando sono davanti a fenomeni di massa) è farti vivere il clima di allucinata speranza nel futuro che si respirava fino a venticinque anni fa. Quello negativo consiste nel tramortirti di nostalgia.
Certo venticinque anni fa non avrei mai immaginato che una sera di luglio del 2013, da sposato, alle soglie dei quarant’anni, mi sarei ritrovato a scrivere sul blog (e che cos’era un blog, nel 1988? di quell’anno ricordo solo la cavalcata trionfale dell’Inter di Trapattoni) di un noto giornalista… ma il vero guaio è che non mi ricordo neanche cosa sognavo allora, come immaginavo la mia vita futura, cosa sarei diventato! Gery, mi hai fatto venire nostalgia…