Elogio della pralina

Lo so che parlare di cioccolato va di moda.
Sarà stata colpa del film con la Binoche e Jonnhy Depp, e di quei fiumi di crema scura che scivolavano dappertutto.
Solo che io il cioccolato lo adoro davvero e, quel che è peggio, lo divoro.
Di più: lo sogno, lo studio, lo cucino. Anzi, lo modello.
Perché, diciamolo chiaramente, esiste forse un piacere dei sensi più forte che manipolare una materia tiepida e burrosa, mescolarla ad aromi, congiungerla ad altre identità nobili (le nocciole, i chicchi di caffè, la frutta secca, la frutta fresca) sentirne gli effluvi intensi ma mai troppo dolciastri, e poi affidarla alla saggezza dello stampo o all’improvvisazione delle dita?
Sì, esiste, so a cosa state pensando. Ma il distacco tra i due brividi è breve, molto breve. Almeno per me.
Sappiate pure che v’è una corrispondenza sottile tra la nostra vita e quella di una pralina.
Non ridete. Sto per rivelarvi un segreto.
Prendete il tartufo. E’ un cioccolatino facile ma di classe. Ha un cuore morbido che richiama una nota di rhum (fragile, mai impertinente, se fosse musica un si bemolle) su una base di cioccolato nero, il più nero che si può. I francesi la chiamano ganache. La copertura invece è decisa: fondente, croccante. Importantissimo che crocchi, altrimenti significa che il cioccolato non è stato ben temperato, ossia non lavorato alla giusta temperatura. E questo ucciderebbe il tartufo. Sarebbe come commettere un peccato grave a cui, ahimè, siamo oramai abituati: la pigrizia, l’accidiosa abitudine alle vie brevi, agli odiosi quattro salti in padella, alle discussioni via sms, al sesso veloce e sfuggente.
E’ la dedizione, il segreto: più la copertura si lavora, con la lama, sulla base di marmo, ai gradi giusti, più il guscio risulterà vigoroso, degno custode di un ripieno saporito. Solidità e tenerezza, disciplina e riposo.
Poi c’è il Boero. Pensate sia impossibile farlo in casa? Sorrido, superba. Perché si può. Basta scegliere bene liquore e amarena, con la stessa saggezza di una paziente massaia. I Boero riempiono la bocca e ti lasciano appena la voglia di un altro Boero. Ma poi di null’altro, soprattutto, di nessun’ altra pralina. E’ il senso di soddisfazione e di sazietà che la vita ancora ci sa offrire alla fine di una giornata in cui si è goduto, sofferto, gridato, sospirato e consegnato se stessi al tempo sbruffone che passa.
Infine, il classico, intramontabile quadrato. Un pezzo di tavoletta, senza tanti fronzoli.
Profumo, lucentezza, morso, crac, croc. E poi scioglievolezza, e poi saliva nera, grumo di piacere, deglutizione, sorriso. Ritorno alla materia tiepida e burrosa dell’inizio.
Perché polvere eri e polvere tornerai.
Cameriere, cioccolato per tutti. Offre Verbena.

soundtrack

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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